Per via della seta (in cinese:
絲綢之路,
丝绸之路,
sī chóu zhī lù; persiano: راه
ابریشم, Râh-e Abrisham) s'intende il
reticolo, che si sviluppava per circa 8.000 km, costituito da
itinerari terrestri, marittimi e fluviali lungo i quali
nell'antichità si erano snodati i commerci tra l'impero cinese e
quello romano.
Le vie carovaniere attraversavano
l'Asia centrale e il Medio Oriente, collegando Chang'an (oggi Xi'an),
in Cina, all'Asia Minore e al Mediterraneo attraverso il Medio
Oriente e il Vicino Oriente. Le diramazioni si estendevano poi a est
alla Corea e al Giappone e, a Sud, all'India. Il nome apparve per la
prima volta nel 1877, quando il geografo tedesco Ferdinand von
Richthofen (1833-1905) pubblicò l'opera Tagebucher aus China.
Nell'Introduzione von Richthofen nomina la Seidenstraße, la
«via della seta».
Dall'antica Cina all'antica Roma
La destinazione finale della seta che
su di essa viaggiava (non certo da sola ma insieme a tante altre
merci preziose) era Roma, dove per altro non si sapeva con precisione
quale ne fosse l'origine (se animale o vegetale) e da dove
provenisse. Altre merci altrettanto preziose viaggiavano in senso
inverso, e insieme alle merci viaggiavano grandi idee e religioni
(concetti fondamentali di matematica, geometria, astronomia) in
entrambi i sensi, manicheismo, e nestorianesimo verso oriente. Sulla
via della seta compì un complesso giro quasi in tondo anche il
buddhismo, dall'India all'Asia Centrale alla Cina e infine al Tibet
(il tutto per trovare itinerari che permettessero di evitare le quasi
invalicabili montagne dell'Himalaya).
Questi scambi commerciali e culturali
furono determinanti per lo sviluppo e il fiorire delle antiche
civiltà dell'Egitto, della Cina, dell'India e di Roma, ma furono di
grande importanza anche nel gettare le basi del mondo moderno.
I percorsi
La via della seta terrestre si divideva in due fasci di strade, uno settentrionale e uno meridionale.Rami settentrionali
Sempre partendo da Chang'an ovvero
Xi'an, salivano in direzione nord ovest attraversando l'attuale
provincia cinese del Gansu (in parte anche navigando sul fiume
Giallo) fino a Dunhuang, importantissimo centro buddista con le
celebri grotte di Mogao. Lì si divideva in tre rami. Uno aggirava il
deserto Taklamakan a sud (ai piedi del Tibet). Il secondo invece lo
aggirava a nord (ai piedi dei Tien Shan, ovvero "monti
celesti"). Questi due rami si riunivano a Kashgar. Il terzo
ramo, invece, raggiunta Turpan attraversava i Tien Shan in direzione
di Alma Ata (odierno Kazakistan). Tutti questi percorsi si riunivano
poi nell'antica Sogdiana e da lì proseguivano attraverso quelli che
oggi sono Uzbekistan, Afghanistan, Turkmenistan e Iran fino a Baghdad
e poi (in buona parte sfruttando l'Eufrate) fino al Mediterraneo.
Rami meridionali
I percorsi meridionali o vie del
Karakorum sono essenzialmente un grande percorso che in Cina scende a
sud attraverso il Karakorum (lungo il tracciato seguito ancora oggi
dalla moderna strada del Karakorum che collega Pakistan e Cina), per
attraversare il Sichuan e raggiungere il Pakistan fino all'oceano
Indiano. Da molti porti di queste coste essa proseguiva poi per
l'Occidente (mar Rosso attraverso Aden e golfo Persico attraverso lo
stretto di Hormuz), innestandosi a un certo punto persino su quello
che fu l'itinerario marittimo di Nearco, ammiraglio di Alessandro
Magno, nel viaggio di ritorno dalle terre dell'Indo. Se non
risalivano il golfo Persico, le merci attraversavano infine la Persia
su varie direttrici raggiungendo comunque Baghdad e così via.
Via fluviale
Il percorso dei fiumi Oxus e Iassarte e
del fiume che anticamente collegava il lago d'Aral al mar Caspio
rappresentava una via fluviale molto importante per il trasporto
delle merci lungo la via della seta. Terminale di tale via era la
città di Saraj che sorgeva presso l'odierna Volgograd.
Ferrovia
L'ultimo segmento ferroviario della via
della seta terrestre (su un itinerario per altro piuttosto spurio)
venne completato nel 1992 con l'inaugurazione della ferrovia
internazionale da Almaty (Kazakistan) a Urumqi (Xinjiang o Turchestan
cinese). Da Urumqi si può poi raggiungere in treno ogni zona della
Cina, ivi inclusa dall'estate del 2006 Lhasa, capitale del Tibet, con
la Ferrovia del Tibet.
Mare
La via della seta marittima partendo
dalla Cina settentrionale raggiungeva quella meridionale,
estendendosi agli odierni stati delle Filippine, di Brunei, Siam,
Malacca, Sri Lanka, India, Iran, Iraq, Egitto, Giordania, Siria e
Italia. Il 7 agosto 2005 si è reso noto che l'Antiquity and
Monument Office di Hong Kong sta pensando di proporre la via
della seta marittima come patrimonio dell'umanità dell'UNESCO.
Antichi insediamenti evoluti che si
formarono nelle zone dell'odierna Thailandia peninsulare, attivi nel
commercio e nella navigazione, sono ipotizzabili in base a manufatti
venuti alla luce in entrambe le coste dell'istmo di Kra, situate
lungo le rotte delle prime vie marittime della seta tra la Cina e le
civiltà del bacino del Mediterraneo. La fondazione dei siti dove
sono stati trovati i reperti fu dovuta alla scomodità di
circumnavigare la penisola malese, che rese necessari degli scali
sulla terraferma per accorciare il viaggio, trasferendo le merci via
terra tra le due coste dell'istmo. Tali reperti risultano provenire
dall'antica Roma (di un periodo compreso tra il III secolo a.C. ed il
I d.C.), dalla Cina della dinastia Han occidentale (206 a.C.-8 d.C.)
e dall'India. I più antichi furono trovati presso Krabi e risalgono
al IV secolo a.C.
Origini
La via reale persiana
Ai tempi di Erodoto (circa 475 a.C.),
la Via Reale di Persia si sviluppava su oltre 3.000 chilometri dalla
città di Ecbatana (attuale Hamadan), a Susa (attuale Shush) e fino
al porto di Smirne (attuale Izmir) sull'Egeo. Alla sua manutenzione e
protezione provvedeva l'Impero achemenide (circa 700 a.C.-330 a.C.),
con stazioni di posta e alloggiamenti a distanze regolari. Per
percorrerla i viaggiatori comuni impiegavano circa 3 mesi, mentre ai
corrieri imperiali, continuamente riforniti di cavalli freschi,
bastavano 9 giorni. Su di essa (a Ecbatana) si innestavano poi altre
vie commerciali provenienti da India e Asia Centrale, sempre sotto la
protezione dell'Impero achemenide. In diversi punti di Ester si legge
infatti di messaggi inviati da Susa "ai satrapi, ai governatori
e ai capi delle centoventisette province, dall'India all'Etiopia".
(8,9)
La conquista ellenistica
Il primo passo importante verso lo
stabilirsi di comunicazioni regolari tra oriente e occidente (e
viceversa) arrivò tuttavia con l'espansione dell'impero di
Alessandro Magno in Asia Centrale Medio Oriente, fino alla valle
dell'Indo In attuale Pakistan e poco oltre l'attuale Afghanistan. Nel
329 a.C., all'imbocco occidentale della valle di Fergana nell'odierno
Tagikistan, egli fondò la città più remota dalla sua originaria
Macedonia. infatti la denominò Alessandria Eskate, ovvero "ultima
Alessandria".
Fu il suo ammiraglio Nearco ad aprire
una rotta dal delta dell'Indo al golfo Persico, e furono i suoi
successori tolomei, impadronitisi dell'Egitto, a promuovere
attivamente l'apertura di vie commerciali con la Mesopotamia, l'India
e l'Africa Orientale attraverso i loro porti sul mar Rosso e su
percorsi terrestri carovanieri (non esclusa la navigazione sul Nilo).
L'influenza ellenistica fu poi estesa
ancora più a oriente, in Sogdiana, dal regno greco-battriano di
Battria (odierna Balkh in Afghanistan). Secondo Strabone, ai tempi
del re Eutidemo e di suo figlio Demetrio i greco-battriani avrebbero
addirittura "esteso il loro dominio fino ai Seri e i Frini"
(Geografia, 11.11.1).
Questo influsso, almeno sotto il
profilo delle arti figurative, si espanse ancora più avanti, fino
quasi all'estremità orientale del deserto Taklamakan, dove sono
stati riportati alla luce affreschi di chiaro stampo
ellenistico-romano, firmati da un "pittore Tita", ovvero
Titus.
Il regno greco-battriano fu rovesciato
dai Kushana, un popolo di origine abbastanza oscura ma quasi di
sicuro indoeuropea(forse Tocaria), riparato lì per sfuggire
all'invasione da est degli Hsiung Nu, il popolo destinato forse a
diventare, secoli più tardi, gli Unni dilagati in Europa.
L'esplorazione cinese
Zhang Qian (138 a.C. - 126 a.C.)
«Nel II secolo a.C. l'Asia Centrale
vide dilagare gli Xong Nu, i futuri Unni, che scacciarono davanti
a sé verso ovest gli Yüeh Chi, che a loro volta scacciarono i
Saka, ovvero gli sciti. Ma l'invasione degli Unni minacciava e
preoccupava moltissimo anche i cinesi, sicché nel 138 a.C.
l'imperatore Wu della dinastia Han anteriore inviò l'ambasciatore
Chang Ch'ien a Ovest a cercare gli Yüeh Chi con il compito di
sollecitare un'alleanza difensiva contro gli Xong Nu.
Percorso quello che era destinato a
diventare il ramo settentrionale della via cinese della seta —
che costeggia a nord il deserto Taklamakan, ai piedi dei monti del
Cielo — e valicato il Pamir, l'ambasciatore trovò finalmente
gli Yüeh Chi nella Transoxiana, ovvero grosso modo nella zona di
Bukhara e Samarcanda, al di là dell'Oxus (Trans) per noi, al di
qua per lui. Questi però stavano preparandosi a invadere la
Battriana, ovvero (in parte) l'attuale Afghanistan del nord-ovest;
erano, insomma, essi stessi in una fase espansionistica, per cui
manifestarono freddezza nei confronti della proposta cinese di
alleanza difensiva.
Quindi nel 126 a.C., Chang
Ch'ien tornò a casa, percorrendo questa volta la via che
costeggia il Taklamakan a sud, ai piedi dei monti di Karakoram e
Tibet. Erano trascorsi tredici anni da quando era partito. La
relazione sull'Asia Occidentale da lui presentata al suo
imperatore ne fa uno dei grandi esploratori del mondo e a quei
tempi servì come prezioso materiale di intelligence per una
successiva missione — mascherata da ricerca dei famosi «cavalli
celesti» della valle Ferghana, tanto veloci da sudare sangue (in
realtà erano afflitti da un virulento parassita) — altre due
spedizioni militari nella valle e infine diverse ambascerie presso
i Parti…»
|
(Mario Biondi,
Strada bianca verso i Monti del Cielo.
Vagabondo sulla Via della Seta, pp. 17-18)
|
Fu dunque attraverso queste spedizioni
diplomatico-commercial-militari dei cinesi verso l'Asia Centrale e la
Partia che nel I secolo a.C. venne in essere quella che quasi due
millenni più tardi sarebbe stata chiamata via della seta.
E fu durante una di queste campagne che
nel 36 a.C., alla battaglia di Sogdiana tra Han e Hsiung Nu, avvenne
forse il primo incontro tra truppe cinesi e romane, forse sbandate
dopo la sconfitta subita da Crasso a Carre (53 a.C.) in Mesopotamia e
catturate o assoldate come mercenarie prima dai Parti e poi dagli
Hsiung Nu. Pare che queste truppe mercenarie adottassero la tecnica
tipicamente romana della testuggine, ma l'ipotesi viene generalmente
guardata con molto sospetto dagli storici. In definitiva, dopo 17
anni da Carre questi mercenari romani dovevano essere un po'
invecchiati. E poi, in quale senso romani? Provenienti proprio da
Roma o dalle estreme province orientali dello Stato?
Pare d'altra parte ben poco credibile
che si tratti di soldati "romani" fatti prigionieri dai
Parti quello stesso anno 36 a.C. durante la rovinosa campagna di
Antonio contro di essi condotta passando per l'Armenia invece che per
la Mesopotamia.
Ban Chao (97 - 102)
Nel 97 il generale cinese Ban Chao
avanzò con un esercito di 70.000 uomini per un'ennesima campagna
contro gli Xong Nu, arrivando ben al di là della Partia fino
all'attuale Ucraina. Gli Xong Nu furono così spinti alle porte
dell'Europa, anche se non è affatto certo che siano poi diventati i
“nostri” Unni. Fu comunque in questo periodo che la progredita
tecnica asiatica dell'arco comparve in Occidente.
L'Impero romano e la seta
(LA)
«velleraque ut foliis
depectant tenuia Seres…»
|
(IT)
«di come i Seri cardano con
il pettine/ i sottili fili di seta dalle foglie'»
|
(Virgilio,
Georgiche, II, 121)
|
«I Seri sono famosi per la
sostanza lanosa che si ottiene dalle loro foreste. Dopo
un'immersione nell'acqua essi pettinano via la peluria bianca
dalle foglie...»
|
(Plinio il
Vecchio, Storia Naturale,
23, 79)
|
Secondo alcune fonti sarebbe
addirittura stato Cesare, di ritorno dall'Anatolia, a portare a Roma
alcune bandiere, catturate al nemico, di uno sfavillante tessuto
sconosciuto che suscitò uno straordinario interesse: era appunto la
seta. Secondo altri, invece, queste bandiere sarebbero arrivate dopo
la disfatta di Crasso a Carre. Si sapeva che quel tessuto veniva da
una non ben precisata terra dei Seri ma non quale ne fosse l'origine.
Secondo Plinio (che riprendeva forse l'errore di Virgilio) essa
sarebbe stata tessuta con un sottilissimo filo tratto da una peluria
di certi ignoti alberi, da lui definita "lana delle foreste".
Sta di fatto che la seta non era portata a Roma direttamente dai
cinesi ma vi arrivava con la intermediazione prima dei Sogdiani e dei
Parti e poi dei commercianti di Palmira e Petra, trasportata via mare
dai marinai di Antiochia, Tiro e Sidone.
Il senato romano emanò invano diversi
editti per proibire (alle donne ma anche agli uomini) di indossare la
seta. Il tessuto sarebbe infatti stato decadente e immorale. Ma il
vero motivo di questi editti era il drenaggio di oro cui Roma era
costretta, con grave nocumento per quello che oggi si chiamerebbe
debito estero.
Vi è chi sostiene che i romani
sarebbero entrati in nebuloso contatto con i cinesi già nel I secolo
d.C. attraverso i Parti, e che Augusto ne avrebbe addirittura
ricevuto una legazione, ma gli annali di quell'impero registrano che
la prima ambasceria (prima di una serie) sarebbe arrivata là
soltanto nel 166 via mare.
Bisanzio e la seta
Ai tempi di Giustiniano Costantinopoli,
grazie alla sua posizione geografica privilegiata, dominava i
traffici commerciali nel Mediterraneo. I Bizantini non erano granché
interessati a commerciare con nazioni europee, ormai impoverite dalle
invasioni barbariche; preferirono piuttosto stringere contatti
commerciali con le nazioni dell'Estremo Oriente, tra cui la Cina,
dove veniva prodotta la seta. I Cinesi importavano dai Bizantini
vasellame e stoffe prodotte in Siria ed esportavano la seta.
Un grosso ostacolo ai traffici con
l'Estremo Oriente era però rappresentato dalla Persia, nemico
giurato dell'impero, sul cui territorio era necessario passare per
giungere in Cina. Una conseguenza di ciò è che durante i frequenti
conflitti con i persiani Sasanidi i traffici con Cina e India non
erano possibili. Giustiniano cercò di ovviare a questo problema
tentando di aprirsi un passaggio per la Cina attraverso la Crimea, e
in questa occasione i Bizantini avviarono delle relazioni
diplomatiche con i Turchi, anch'essi venuti in conflitto commerciale
con i Sasanidi. Sotto il successore di Giustiniano, Giustino II,
Bizantini e Turchi si allearono contro i Persiani. Un altro modo con
cui Giustiniano cercò di commerciare con la Cina senza passare per
la Persia fu giungere via mare passando per il mar Rosso e per
l'oceano Indiano. In quest'occasione strinse rapporti commerciali con
gli Etiopi del Regno di Aksum. Tuttavia entrambe le vie alternative
presentavano inconvenienti: l'oceano Indiano era dominato dai
mercanti sasanidi mentre la via asiatica era impervia e piena di
pericoli.
Il problema fu risolto da due monaci
provenienti dalla Cina o da qualche regione circostante che si
recarono a Costantinopoli nel 552 e svelarono all'imperatore il
segreto della produzione della seta. Essi vennero allora incaricati
dall'Augusto di procurarsi clandestinamente in Cina uova di bachi da
seta in modo da portarle a Costantinopoli e permettere ai Bizantini
di autoprodursi la seta senza importarla dalla Cina. Tuttavia
passarono parecchi anni prima che la seta autoprodotta divenisse
sufficiente per soddisfare la domanda interna, cosicché
l'importazione di seta dalla Cina attraverso la Persia continuò per
qualche tempo. Comunque la fioritura della produzione della seta
nell'impero che ne seguì, fece sì che la produzione della seta
divenne uno dei settori più importanti dell'industria bizantina e
portò a un considerevole aumento delle entrate. I principali centri
di produzione della seta nell'Impero erano Costantinopoli, Antiochia,
Tiro, Beirut e Tebe.
Il lungo viaggio dell'arte sulla via della seta
Sulla via della seta hanno viaggiato
molti influssi artistici, in particolare nella sua sezione dell'Asia
Centrale, dove si sono potuti mescolare elementi ellenistici,
iraniani, indiani e cinesi. Uno dei più vivaci esempi di questa
mescolanza è rappresentata dall'arte del Gandhāra (arte).
Divinità buddiste
Tale arte sincretistica si è venuta
formando a partire dall'arrivo di Alessandro Magno nella valle
dell'Indo (Taxila) e dal costituirsi dei regni greco-ellenistici dei
suoi successori (Battriana e Gandhara). L'immagine del Buddha
originatasi nel I secolo nell'India settentrionale (Mathura) e
nell'attuale Pakistan nord occidentale (Gandhara), si è via via
trasferita lungo l'Asia Centrale e la Cina fino a raggiungere la
Corea nel IV secolo e il Giappone nel VI secolo. La trasmissione di
molti particolari iconografici appare chiara, come per esempio
l'ispirarsi a Eracle delle divinità guardiane Nio di fronte ai
templi buddisti del Giappone e le reminiscenze di arte greca che si
vedono in certe rappresentazioni coreane del Buddha, come quello di
Kamakura.
Altre figure del buddismo di Giappone e
Corea sono i Kongōrikishi (o Niō), una coppia di figure (Misshaku
Kongō e Naraen Kongō) che presidiano una porta separata d'ingresso
al tempio, di norma denominata Niōmon (仁王門)
in Giappone e Geumgangmun (金剛門)
in Corea. Essi, con la loro fusione denominata Shukongōshin,
costituiscono un interessante esempio di come sia arrivata lontano
l'immagine di Eracle viaggiando sulla via della seta e oltre. Nel
Gandhara, infatti, Eracle, provenendo dalla Grecia, si è incontrato
ed è divenuto tutt'uno con Vajrapani, il protettore del Buddha, che
proveniva dall'India e che regge una mazza tanto quanto la regge il
dio greco, come del resto anche Naraen Kongō.
Il dio del vento
Anche Borea, dio greco del vento, ha
compiuto uno stupefacente viaggio sulla via della seta attraverso
Asia Centrale e Cina fino a diventare il dio giapponese shintoista
del vento denominato Fujin.
La pax mongolica, la fine oggettiva e il recente revival
L'espansione dell'impero mongolo in
tutto il continente asiatico dal 1215 circa al 1360 diede stabilità
economica alla grande area e ristabilì l'importanza della via della
seta come straordinario mezzo di comunicazione tra oriente e
occidente, anche se ormai da diversi secoli la seta, prodotta già
nella stessa Europa, vi aveva poca importanza. Tra il 1325 e il 1354,
un grande viaggiatore musulmano marocchino, Ibn Battuta, arrivò a
viaggiare nella Crimea e nell'attuale Medio Oriente, proseguendo fino
ai principati mongoli degli eredi di Gengis Khan, di cui lasciò
vivacissime descrizioni. Nel terzo quarto del XIII secolo, Marco Polo
raccontò ne Il Milione di essere arrivato fino alla Cina e alla
corte dell'imperatore-conquistatore mongolo Kublai Khan, di cui
sarebbe diventato un consigliere di fiducia. Come lui (e in diversi
casi prima di lui) viaggiarono su quelle piste numerosi missionari
cristiani come Guglielmo di Rubruck, Giovanni da Pian del Carpine,
Andrea di Longjumeau, Odorico da Pordenone, Giovanni de' Marignolli,
Giovanni di Monte Corvino, Niccolò Da Conti.
Con la disintegrazione dell'impero
mongolo e della sua pax mongolica la via della seta perse la sua
unicità politica, culturale ed economica, tornando a frantumarsi
sotto i domini di principati locali essenzialmente di origine nomade,
i quali traevano le loro ricchezze dal taglieggiamento dei
commercianti che dovevano attraversare le loro terre e dal rapimento
dei viaggiatori da vendere come schiavi sui loro mercati. I mongoli
avevano ridotto alla ragione signorotti come quelli di Samarcanda,
Bukhara e Khiva, ma gli eredi di questi ultimi tornarono a imporre il
loro devastante e retrogrado imperio. Inoltre la Cina, dopo la
cacciata della dinastia mongola degli Yuan, si era chiusa per
reazione su sé stessa, impedendo l'accesso a tutti gli stranieri,
compresi gli occidentali, già favoriti dagli odiati mongoli.
La rinascita dell'idea di via della
seta in anni recenti è dunque un fatto eminentemente e
romanticamente culturale.
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