mercoledì 10 marzo 2021

Via della seta

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Per via della seta (in cinese: 絲綢之路, 丝绸之路, sī chóu zhī lù; persiano: راه ابریشم, Râh-e Abrisham) s'intende il reticolo, che si sviluppava per circa 8.000 km, costituito da itinerari terrestri, marittimi e fluviali lungo i quali nell'antichità si erano snodati i commerci tra l'impero cinese e quello romano.
Le vie carovaniere attraversavano l'Asia centrale e il Medio Oriente, collegando Chang'an (oggi Xi'an), in Cina, all'Asia Minore e al Mediterraneo attraverso il Medio Oriente e il Vicino Oriente. Le diramazioni si estendevano poi a est alla Corea e al Giappone e, a Sud, all'India. Il nome apparve per la prima volta nel 1877, quando il geografo tedesco Ferdinand von Richthofen (1833-1905) pubblicò l'opera Tagebucher aus China. Nell'Introduzione von Richthofen nomina la Seidenstraße, la «via della seta».

Dall'antica Cina all'antica Roma

La destinazione finale della seta che su di essa viaggiava (non certo da sola ma insieme a tante altre merci preziose) era Roma, dove per altro non si sapeva con precisione quale ne fosse l'origine (se animale o vegetale) e da dove provenisse. Altre merci altrettanto preziose viaggiavano in senso inverso, e insieme alle merci viaggiavano grandi idee e religioni (concetti fondamentali di matematica, geometria, astronomia) in entrambi i sensi, manicheismo, e nestorianesimo verso oriente. Sulla via della seta compì un complesso giro quasi in tondo anche il buddhismo, dall'India all'Asia Centrale alla Cina e infine al Tibet (il tutto per trovare itinerari che permettessero di evitare le quasi invalicabili montagne dell'Himalaya).
Questi scambi commerciali e culturali furono determinanti per lo sviluppo e il fiorire delle antiche civiltà dell'Egitto, della Cina, dell'India e di Roma, ma furono di grande importanza anche nel gettare le basi del mondo moderno.

I percorsi

La via della seta terrestre si divideva in due fasci di strade, uno settentrionale e uno meridionale.

Rami settentrionali

Sempre partendo da Chang'an ovvero Xi'an, salivano in direzione nord ovest attraversando l'attuale provincia cinese del Gansu (in parte anche navigando sul fiume Giallo) fino a Dunhuang, importantissimo centro buddista con le celebri grotte di Mogao. Lì si divideva in tre rami. Uno aggirava il deserto Taklamakan a sud (ai piedi del Tibet). Il secondo invece lo aggirava a nord (ai piedi dei Tien Shan, ovvero "monti celesti"). Questi due rami si riunivano a Kashgar. Il terzo ramo, invece, raggiunta Turpan attraversava i Tien Shan in direzione di Alma Ata (odierno Kazakistan). Tutti questi percorsi si riunivano poi nell'antica Sogdiana e da lì proseguivano attraverso quelli che oggi sono Uzbekistan, Afghanistan, Turkmenistan e Iran fino a Baghdad e poi (in buona parte sfruttando l'Eufrate) fino al Mediterraneo.

Rami meridionali

I percorsi meridionali o vie del Karakorum sono essenzialmente un grande percorso che in Cina scende a sud attraverso il Karakorum (lungo il tracciato seguito ancora oggi dalla moderna strada del Karakorum che collega Pakistan e Cina), per attraversare il Sichuan e raggiungere il Pakistan fino all'oceano Indiano. Da molti porti di queste coste essa proseguiva poi per l'Occidente (mar Rosso attraverso Aden e golfo Persico attraverso lo stretto di Hormuz), innestandosi a un certo punto persino su quello che fu l'itinerario marittimo di Nearco, ammiraglio di Alessandro Magno, nel viaggio di ritorno dalle terre dell'Indo. Se non risalivano il golfo Persico, le merci attraversavano infine la Persia su varie direttrici raggiungendo comunque Baghdad e così via.

Via fluviale

Il percorso dei fiumi Oxus e Iassarte e del fiume che anticamente collegava il lago d'Aral al mar Caspio rappresentava una via fluviale molto importante per il trasporto delle merci lungo la via della seta. Terminale di tale via era la città di Saraj che sorgeva presso l'odierna Volgograd.

Ferrovia

L'ultimo segmento ferroviario della via della seta terrestre (su un itinerario per altro piuttosto spurio) venne completato nel 1992 con l'inaugurazione della ferrovia internazionale da Almaty (Kazakistan) a Urumqi (Xinjiang o Turchestan cinese). Da Urumqi si può poi raggiungere in treno ogni zona della Cina, ivi inclusa dall'estate del 2006 Lhasa, capitale del Tibet, con la Ferrovia del Tibet.

Mare

La via della seta marittima partendo dalla Cina settentrionale raggiungeva quella meridionale, estendendosi agli odierni stati delle Filippine, di Brunei, Siam, Malacca, Sri Lanka, India, Iran, Iraq, Egitto, Giordania, Siria e Italia. Il 7 agosto 2005 si è reso noto che l'Antiquity and Monument Office di Hong Kong sta pensando di proporre la via della seta marittima come patrimonio dell'umanità dell'UNESCO.
Antichi insediamenti evoluti che si formarono nelle zone dell'odierna Thailandia peninsulare, attivi nel commercio e nella navigazione, sono ipotizzabili in base a manufatti venuti alla luce in entrambe le coste dell'istmo di Kra, situate lungo le rotte delle prime vie marittime della seta tra la Cina e le civiltà del bacino del Mediterraneo. La fondazione dei siti dove sono stati trovati i reperti fu dovuta alla scomodità di circumnavigare la penisola malese, che rese necessari degli scali sulla terraferma per accorciare il viaggio, trasferendo le merci via terra tra le due coste dell'istmo. Tali reperti risultano provenire dall'antica Roma (di un periodo compreso tra il III secolo a.C. ed il I d.C.), dalla Cina della dinastia Han occidentale (206 a.C.-8 d.C.) e dall'India. I più antichi furono trovati presso Krabi e risalgono al IV secolo a.C.

Origini

La via reale persiana

Ai tempi di Erodoto (circa 475 a.C.), la Via Reale di Persia si sviluppava su oltre 3.000 chilometri dalla città di Ecbatana (attuale Hamadan), a Susa (attuale Shush) e fino al porto di Smirne (attuale Izmir) sull'Egeo. Alla sua manutenzione e protezione provvedeva l'Impero achemenide (circa 700 a.C.-330 a.C.), con stazioni di posta e alloggiamenti a distanze regolari. Per percorrerla i viaggiatori comuni impiegavano circa 3 mesi, mentre ai corrieri imperiali, continuamente riforniti di cavalli freschi, bastavano 9 giorni. Su di essa (a Ecbatana) si innestavano poi altre vie commerciali provenienti da India e Asia Centrale, sempre sotto la protezione dell'Impero achemenide. In diversi punti di Ester si legge infatti di messaggi inviati da Susa "ai satrapi, ai governatori e ai capi delle centoventisette province, dall'India all'Etiopia". (8,9)



La conquista ellenistica

Il primo passo importante verso lo stabilirsi di comunicazioni regolari tra oriente e occidente (e viceversa) arrivò tuttavia con l'espansione dell'impero di Alessandro Magno in Asia Centrale Medio Oriente, fino alla valle dell'Indo In attuale Pakistan e poco oltre l'attuale Afghanistan. Nel 329 a.C., all'imbocco occidentale della valle di Fergana nell'odierno Tagikistan, egli fondò la città più remota dalla sua originaria Macedonia. infatti la denominò Alessandria Eskate, ovvero "ultima Alessandria".
Fu il suo ammiraglio Nearco ad aprire una rotta dal delta dell'Indo al golfo Persico, e furono i suoi successori tolomei, impadronitisi dell'Egitto, a promuovere attivamente l'apertura di vie commerciali con la Mesopotamia, l'India e l'Africa Orientale attraverso i loro porti sul mar Rosso e su percorsi terrestri carovanieri (non esclusa la navigazione sul Nilo).
L'influenza ellenistica fu poi estesa ancora più a oriente, in Sogdiana, dal regno greco-battriano di Battria (odierna Balkh in Afghanistan). Secondo Strabone, ai tempi del re Eutidemo e di suo figlio Demetrio i greco-battriani avrebbero addirittura "esteso il loro dominio fino ai Seri e i Frini" (Geografia, 11.11.1).
Questo influsso, almeno sotto il profilo delle arti figurative, si espanse ancora più avanti, fino quasi all'estremità orientale del deserto Taklamakan, dove sono stati riportati alla luce affreschi di chiaro stampo ellenistico-romano, firmati da un "pittore Tita", ovvero Titus.
Il regno greco-battriano fu rovesciato dai Kushana, un popolo di origine abbastanza oscura ma quasi di sicuro indoeuropea(forse Tocaria), riparato lì per sfuggire all'invasione da est degli Hsiung Nu, il popolo destinato forse a diventare, secoli più tardi, gli Unni dilagati in Europa.

L'esplorazione cinese

Zhang Qian (138 a.C. - 126 a.C.)

«Nel II secolo a.C. l'Asia Centrale vide dilagare gli Xong Nu, i futuri Unni, che scacciarono davanti a sé verso ovest gli Yüeh Chi, che a loro volta scacciarono i Saka, ovvero gli sciti. Ma l'invasione degli Unni minacciava e preoccupava moltissimo anche i cinesi, sicché nel 138 a.C. l'imperatore Wu della dinastia Han anteriore inviò l'ambasciatore Chang Ch'ien a Ovest a cercare gli Yüeh Chi con il compito di sollecitare un'alleanza difensiva contro gli Xong Nu.
Percorso quello che era destinato a diventare il ramo settentrionale della via cinese della seta — che costeggia a nord il deserto Taklamakan, ai piedi dei monti del Cielo — e valicato il Pamir, l'ambasciatore trovò finalmente gli Yüeh Chi nella Transoxiana, ovvero grosso modo nella zona di Bukhara e Samarcanda, al di là dell'Oxus (Trans) per noi, al di qua per lui. Questi però stavano preparandosi a invadere la Battriana, ovvero (in parte) l'attuale Afghanistan del nord-ovest; erano, insomma, essi stessi in una fase espansionistica, per cui manifestarono freddezza nei confronti della proposta cinese di alleanza difensiva.
Quindi nel 126 a.C., Chang Ch'ien tornò a casa, percorrendo questa volta la via che costeggia il Taklamakan a sud, ai piedi dei monti di Karakoram e Tibet. Erano trascorsi tredici anni da quando era partito. La relazione sull'Asia Occidentale da lui presentata al suo imperatore ne fa uno dei grandi esploratori del mondo e a quei tempi servì come prezioso materiale di intelligence per una successiva missione — mascherata da ricerca dei famosi «cavalli celesti» della valle Ferghana, tanto veloci da sudare sangue (in realtà erano afflitti da un virulento parassita) — altre due spedizioni militari nella valle e infine diverse ambascerie presso i Parti…»
(Mario Biondi, Strada bianca verso i Monti del Cielo. Vagabondo sulla Via della Seta, pp. 17-18)



Fu dunque attraverso queste spedizioni diplomatico-commercial-militari dei cinesi verso l'Asia Centrale e la Partia che nel I secolo a.C. venne in essere quella che quasi due millenni più tardi sarebbe stata chiamata via della seta.
E fu durante una di queste campagne che nel 36 a.C., alla battaglia di Sogdiana tra Han e Hsiung Nu, avvenne forse il primo incontro tra truppe cinesi e romane, forse sbandate dopo la sconfitta subita da Crasso a Carre (53 a.C.) in Mesopotamia e catturate o assoldate come mercenarie prima dai Parti e poi dagli Hsiung Nu. Pare che queste truppe mercenarie adottassero la tecnica tipicamente romana della testuggine, ma l'ipotesi viene generalmente guardata con molto sospetto dagli storici. In definitiva, dopo 17 anni da Carre questi mercenari romani dovevano essere un po' invecchiati. E poi, in quale senso romani? Provenienti proprio da Roma o dalle estreme province orientali dello Stato?
Pare d'altra parte ben poco credibile che si tratti di soldati "romani" fatti prigionieri dai Parti quello stesso anno 36 a.C. durante la rovinosa campagna di Antonio contro di essi condotta passando per l'Armenia invece che per la Mesopotamia.

Ban Chao (97 - 102)

Nel 97 il generale cinese Ban Chao avanzò con un esercito di 70.000 uomini per un'ennesima campagna contro gli Xong Nu, arrivando ben al di là della Partia fino all'attuale Ucraina. Gli Xong Nu furono così spinti alle porte dell'Europa, anche se non è affatto certo che siano poi diventati i “nostri” Unni. Fu comunque in questo periodo che la progredita tecnica asiatica dell'arco comparve in Occidente.

L'Impero romano e la seta

(LA)
«velleraque ut foliis depectant tenuia Seres…»
(IT)
«di come i Seri cardano con il pettine/ i sottili fili di seta dalle foglie'»
(Virgilio, Georgiche, II, 121)
«I Seri sono famosi per la sostanza lanosa che si ottiene dalle loro foreste. Dopo un'immersione nell'acqua essi pettinano via la peluria bianca dalle foglie...»
(Plinio il Vecchio, Storia Naturale, 23, 79)
Secondo alcune fonti sarebbe addirittura stato Cesare, di ritorno dall'Anatolia, a portare a Roma alcune bandiere, catturate al nemico, di uno sfavillante tessuto sconosciuto che suscitò uno straordinario interesse: era appunto la seta. Secondo altri, invece, queste bandiere sarebbero arrivate dopo la disfatta di Crasso a Carre. Si sapeva che quel tessuto veniva da una non ben precisata terra dei Seri ma non quale ne fosse l'origine. Secondo Plinio (che riprendeva forse l'errore di Virgilio) essa sarebbe stata tessuta con un sottilissimo filo tratto da una peluria di certi ignoti alberi, da lui definita "lana delle foreste". Sta di fatto che la seta non era portata a Roma direttamente dai cinesi ma vi arrivava con la intermediazione prima dei Sogdiani e dei Parti e poi dei commercianti di Palmira e Petra, trasportata via mare dai marinai di Antiochia, Tiro e Sidone.
Il senato romano emanò invano diversi editti per proibire (alle donne ma anche agli uomini) di indossare la seta. Il tessuto sarebbe infatti stato decadente e immorale. Ma il vero motivo di questi editti era il drenaggio di oro cui Roma era costretta, con grave nocumento per quello che oggi si chiamerebbe debito estero.
Vi è chi sostiene che i romani sarebbero entrati in nebuloso contatto con i cinesi già nel I secolo d.C. attraverso i Parti, e che Augusto ne avrebbe addirittura ricevuto una legazione, ma gli annali di quell'impero registrano che la prima ambasceria (prima di una serie) sarebbe arrivata là soltanto nel 166 via mare.

Bisanzio e la seta

Ai tempi di Giustiniano Costantinopoli, grazie alla sua posizione geografica privilegiata, dominava i traffici commerciali nel Mediterraneo. I Bizantini non erano granché interessati a commerciare con nazioni europee, ormai impoverite dalle invasioni barbariche; preferirono piuttosto stringere contatti commerciali con le nazioni dell'Estremo Oriente, tra cui la Cina, dove veniva prodotta la seta. I Cinesi importavano dai Bizantini vasellame e stoffe prodotte in Siria ed esportavano la seta.
Un grosso ostacolo ai traffici con l'Estremo Oriente era però rappresentato dalla Persia, nemico giurato dell'impero, sul cui territorio era necessario passare per giungere in Cina. Una conseguenza di ciò è che durante i frequenti conflitti con i persiani Sasanidi i traffici con Cina e India non erano possibili. Giustiniano cercò di ovviare a questo problema tentando di aprirsi un passaggio per la Cina attraverso la Crimea, e in questa occasione i Bizantini avviarono delle relazioni diplomatiche con i Turchi, anch'essi venuti in conflitto commerciale con i Sasanidi. Sotto il successore di Giustiniano, Giustino II, Bizantini e Turchi si allearono contro i Persiani. Un altro modo con cui Giustiniano cercò di commerciare con la Cina senza passare per la Persia fu giungere via mare passando per il mar Rosso e per l'oceano Indiano. In quest'occasione strinse rapporti commerciali con gli Etiopi del Regno di Aksum. Tuttavia entrambe le vie alternative presentavano inconvenienti: l'oceano Indiano era dominato dai mercanti sasanidi mentre la via asiatica era impervia e piena di pericoli.
Il problema fu risolto da due monaci provenienti dalla Cina o da qualche regione circostante che si recarono a Costantinopoli nel 552 e svelarono all'imperatore il segreto della produzione della seta. Essi vennero allora incaricati dall'Augusto di procurarsi clandestinamente in Cina uova di bachi da seta in modo da portarle a Costantinopoli e permettere ai Bizantini di autoprodursi la seta senza importarla dalla Cina. Tuttavia passarono parecchi anni prima che la seta autoprodotta divenisse sufficiente per soddisfare la domanda interna, cosicché l'importazione di seta dalla Cina attraverso la Persia continuò per qualche tempo. Comunque la fioritura della produzione della seta nell'impero che ne seguì, fece sì che la produzione della seta divenne uno dei settori più importanti dell'industria bizantina e portò a un considerevole aumento delle entrate. I principali centri di produzione della seta nell'Impero erano Costantinopoli, Antiochia, Tiro, Beirut e Tebe.

Il lungo viaggio dell'arte sulla via della seta

Sulla via della seta hanno viaggiato molti influssi artistici, in particolare nella sua sezione dell'Asia Centrale, dove si sono potuti mescolare elementi ellenistici, iraniani, indiani e cinesi. Uno dei più vivaci esempi di questa mescolanza è rappresentata dall'arte del Gandhāra (arte).

Divinità buddiste

Tale arte sincretistica si è venuta formando a partire dall'arrivo di Alessandro Magno nella valle dell'Indo (Taxila) e dal costituirsi dei regni greco-ellenistici dei suoi successori (Battriana e Gandhara). L'immagine del Buddha originatasi nel I secolo nell'India settentrionale (Mathura) e nell'attuale Pakistan nord occidentale (Gandhara), si è via via trasferita lungo l'Asia Centrale e la Cina fino a raggiungere la Corea nel IV secolo e il Giappone nel VI secolo. La trasmissione di molti particolari iconografici appare chiara, come per esempio l'ispirarsi a Eracle delle divinità guardiane Nio di fronte ai templi buddisti del Giappone e le reminiscenze di arte greca che si vedono in certe rappresentazioni coreane del Buddha, come quello di Kamakura.
Altre figure del buddismo di Giappone e Corea sono i Kongōrikishi (o Niō), una coppia di figure (Misshaku Kongō e Naraen Kongō) che presidiano una porta separata d'ingresso al tempio, di norma denominata Niōmon (仁王門) in Giappone e Geumgangmun (金剛門) in Corea. Essi, con la loro fusione denominata Shukongōshin, costituiscono un interessante esempio di come sia arrivata lontano l'immagine di Eracle viaggiando sulla via della seta e oltre. Nel Gandhara, infatti, Eracle, provenendo dalla Grecia, si è incontrato ed è divenuto tutt'uno con Vajrapani, il protettore del Buddha, che proveniva dall'India e che regge una mazza tanto quanto la regge il dio greco, come del resto anche Naraen Kongō.

Il dio del vento

Anche Borea, dio greco del vento, ha compiuto uno stupefacente viaggio sulla via della seta attraverso Asia Centrale e Cina fino a diventare il dio giapponese shintoista del vento denominato Fujin.

La pax mongolica, la fine oggettiva e il recente revival

L'espansione dell'impero mongolo in tutto il continente asiatico dal 1215 circa al 1360 diede stabilità economica alla grande area e ristabilì l'importanza della via della seta come straordinario mezzo di comunicazione tra oriente e occidente, anche se ormai da diversi secoli la seta, prodotta già nella stessa Europa, vi aveva poca importanza. Tra il 1325 e il 1354, un grande viaggiatore musulmano marocchino, Ibn Battuta, arrivò a viaggiare nella Crimea e nell'attuale Medio Oriente, proseguendo fino ai principati mongoli degli eredi di Gengis Khan, di cui lasciò vivacissime descrizioni. Nel terzo quarto del XIII secolo, Marco Polo raccontò ne Il Milione di essere arrivato fino alla Cina e alla corte dell'imperatore-conquistatore mongolo Kublai Khan, di cui sarebbe diventato un consigliere di fiducia. Come lui (e in diversi casi prima di lui) viaggiarono su quelle piste numerosi missionari cristiani come Guglielmo di Rubruck, Giovanni da Pian del Carpine, Andrea di Longjumeau, Odorico da Pordenone, Giovanni de' Marignolli, Giovanni di Monte Corvino, Niccolò Da Conti.
Con la disintegrazione dell'impero mongolo e della sua pax mongolica la via della seta perse la sua unicità politica, culturale ed economica, tornando a frantumarsi sotto i domini di principati locali essenzialmente di origine nomade, i quali traevano le loro ricchezze dal taglieggiamento dei commercianti che dovevano attraversare le loro terre e dal rapimento dei viaggiatori da vendere come schiavi sui loro mercati. I mongoli avevano ridotto alla ragione signorotti come quelli di Samarcanda, Bukhara e Khiva, ma gli eredi di questi ultimi tornarono a imporre il loro devastante e retrogrado imperio. Inoltre la Cina, dopo la cacciata della dinastia mongola degli Yuan, si era chiusa per reazione su sé stessa, impedendo l'accesso a tutti gli stranieri, compresi gli occidentali, già favoriti dagli odiati mongoli.
La rinascita dell'idea di via della seta in anni recenti è dunque un fatto eminentemente e romanticamente culturale.

martedì 9 marzo 2021

I supercattivi più imbarazzanti


Codpiece


La sua ragazza quando era un adolescente lo lasciò per le dimensioni del suo pene. Da allora giurò vendetta per tutte le persone con dimensioni modeste costruendosi una tuta meccanica e il mondo tremò grazie al suo pene laser che lanciava anche missili, raggi cosmici e un guabto da box telescopico. Con questi oggetti lui rapinava banche.

Crazy Quilt


Nascondeva indizi per i suoi aiutanti. Poi si sottopone ad un operazione per riacquistare la vista ma questa finisce col farlo diventare daltonico al contrario cioè vede solo i colori brillanti. Da allora giura vendetta contro il mondo. Si veste con una tuta apparisciente e lancia laggi ipnotici.

Polka dot Man


Con i suoi pallini della tuta crea dischi volanti, fresbee assasini e buchi spazio-temporali terrorizzando Gotham

Raimbow Raider


Quando era piccolo era daltonico, suo padre gli promette che guarirà ma muore prima di farlo e allora gli regala degli occhiali che sparano arcobaleni. Il figlio non può vedere i colori quindi si offende e quindi si vendica contro il mondo sparando arcobaleni che non vede.

Lady stilt man


Ha gambe di metallo estensibili che la fanno camminare ovunque. Per ricaricare le gambe metalloche occorono 16 ore e l'utili è di 2-3.

Calendar man


Il suo potere è essere super intelligente e saper organizzare al meglio un crimine sotto feste o altre date importanti.


Dinastia Han

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La dinastia Han (漢朝, 汉朝, Hàncháo) governò la Cina dal 206 a.C. al 220 d.C. Fu preceduta dalla dinastia Qin e seguita dal periodo dei Tre Regni. La dinastia Han diede in seguito anche il suo nome alla popolazione etnica cinese per differenziarsi dalle numerose altre minoranze etniche presenti in Cina.

Descrizione

La dinastia fondata dalla famiglia Liu (), regnò sulla Cina per quattro secoli diffondendo la sua influenza sul Vietnam, l'Asia centrale, la Mongolia e la Corea.
Durante la dominazione Han, il confucianesimo divenne la filosofia ufficiale di stato, l'agricoltura e il commercio prosperarono, tanto che la popolazione raggiunse i 50 milioni di abitanti, di cui tre milioni abitavano la capitale Chang'an长安, di fatto la più grande metropoli del suo tempo.
La dinastia Han si divide in due periodi: il primo detto "dinastia degli Han anteriori" (Qian Han 前汉) o anche dinastia Han occidentale (Xi Han 西汉) fiorì dal 206 a.C. - al 9 d.C. ed ebbe come capitale Chang'an. Il secondo periodo è definita "dinastia degli Han posteriori" (Hou Han 后汉) o anche "dinastia Han orientale" (Dong Han 东汉) dal 25 d.C. - al 220 d.C. con capitale Luoyang, più a est rispetto a Chang'an, da cui il nome dinastico. Tra il 9 ed il 24 d.C. regnò per breve tempo la dinastia Xin. Attualmente si predilige la distinzione tra orientali-occidentali per evitare confusione con la meno nota dinastia degli "Han posteriori" del periodo delle Cinque Dinastie e dieci Regni, sebbene gli storici cinesi, come Sima Guang, abbiano utilizzato l'altra distinzione.
Durante la dinastia Han si ebbero grandi progressi intellettuali, letterari, artistici e scientifici. Fu perfezionata la scoperta della carta tanto da poterla utilizzare quale supporto per la scrittura e soppiantare così il precedente sistema su seta o su piccole liste di bambù.
Durante questa dinastia visse il più famoso storico cinese, Sima Qian司马迁 (145 a.C. -87? a.C.), il cui Shiji史记 o Memorie Storiche fornisce tavole genealogiche, biografie e cronache dai tempi dei sovrani leggendari fino ai tempi dell'imperatore Wudi 汉武帝(141 a.C.- 87 a.C.).
La forza militare della dinastia Han permise all'impero di espandersi a occidente nella pianura desertica del Tarim, dove erano situate le città-stato e i principati dei Tocari, Saci e Sogdiani nella provincia del Sinkiang-Uigur attualmente di etnia prevalentemente uigura. In questo modo la via della seta veniva resa sicura fino al Pamir, ai confini con la Battriana nell'odierno Afghanistan.
Anche il Vietnam settentrionale e la Corea furono invasi dagli eserciti Han. In questo periodo si sviluppa il sistema di tributi in base al quale stati periferici indipendenti o semi-indipendenti pagano una sorta di omaggio formale di sottomissione alla Cina, inviano doni e stabiliscono sistemi di commercio regolato, in cambio della pace e del riconoscimento alla legittimità al governo locale. Anche l'invio di principesse cinesi servì a mantenere l'equilibrio diplomatico con i vicini, soprattutto con le tribù e le confederazioni nomadi del nord, in particolare con i Xiongnu e i Wusun.

La fondazione della dinastia

Dopo appena tre mesi dalla morte di Qin Shi Huang si diffusero in tutto l'impero rivolte contadine, ribellioni da parte di prigionieri e di militari e congiure da parte dei discendenti delle famiglie nobili del periodo degli Stati Combattenti. Questi attacchi portarono alla caduta della dinastia Qin nel 206 a.C..
Tra i capi delle rivolte si mise in luce Xiang Yu, già comandante militare oltre che discendente della nobiltà dello stato di Chu, che si appoggiò alle vecchie strutture nobiliari pre-Qin. Mentre al sud Xiang Yu sconfiggeva l'esercito inviato a contrastarlo Liu Bang a capo di una rivolta contadina entrava nella capitale, deponeva l'ultimo sovrano della dinastia Qin e abrogava tutte le leggi più efferate promulgate contro i contadini.
All'arrivo nella capitale dell'esercito di Xiang Yu la città fu saccheggiata, la biblioteca imperiale bruciata e Xiang Yu si autoproclamò Sovrano egemone di Chu Occidentale (utilizzando una terminologia che si discostava dal titolo imperiale di "huangdi" e riproponeva una terminologia del tardo periodo Zhou) dando a Liu Bang il titolo di Sovrano di Han, dal nome di uno dei diciotto regni in cui intendeva suddividere l'impero. Liu Bang allora raccolse attorno a sé tutti i capi delle rivolte che non accettavano l'egemonia di Xiang Yu e cominciò una guerra civile che si protrasse fino al 202 a.C. quando Xiang Yu, accerchiato nell'attuale provincia dell'Anhui, dopo la battaglia di Gaixia si suicidò.
Alla fondazione dell'impero Han si assistette a un mantenimento dei governatorati e dei distretti di epoca Qin, sotto controllo imperiale, ma anche all'introduzione contemporanea di una serie di stati, detti guo, che ricordavano la ripartizione territoriale del periodo degli Stati Combattenti posti sotto la sovranità ereditaria dei capi delle rivolte anti-Qin.
Già nel 196 a.C. gli stati indipendenti furono ridotti a uno, tre per l'eliminazione del sovrano per mano imperiale, e tre per esautorazione e sostituzione di tutti i sovrani con principi di famiglia imperiale.

Il consolidamento dell'impero

Alla morte di Liu Bang, chiamato da allora Gao Zu, l'Imperatrice vedova Lü Zhi sterminò tutte le altre mogli e concubine, oltre che alla quasi totalità dei suoi figli avuti con altre donne e mantenne il dominio a corte durante il regno dei due Han Shaodi e di Han Huidi.
Durante i regni di Han Huidi e Han Jingdi si assistette anche a un breve ritorno dell'ideologia legista e ad un rifiorire a corte del Taoismo.
Solo dopo la morte dell'imperatrice vedova, tutti i suoi parenti furono sterminati o sollevati dalle cariche e fu posto sul trono Han Wendi che, come l'imperatore Han Jingdi, si trovò a confrontarsi con sempre crescenti difficoltà causate dagli stati indipendenti in seno all'impero. La situazione esplose nel 154 a.C. quando Liu Bei, sovrano dello stato di Wu, si mise a capo di una ribellione detta la Rivolta dei Sette Regni, presto repressa, da parte degli stati, pur retti da familiari dello stesso clan imperiale, contro l'impero.

Wudi

Il regno di Wudi segnò una svolta nell'impero Han: un regno segnato da un forte espansionismo e con imponenti masse di cinesi inviate a popolare la regione dell'Ordos. Tra le conquiste possiamo annoverare: a nord, nel 129 a.C. i Xiongnu, a ovest, nel 101 a.C. l'esercito si spinse fino alla valle del Sir-darya nella regione di Fergana, a est nel 106 a.C. la Manciuria meridionale e la Corea, a ovest, nel 109 a.C. i regni di Yelang e Dian (nell'attuale Yunnan), a sud nel 111 a.C. il regno vietnamita di Nan Yue.
Fu intrapresa in aree estese ed aride una grande attività di scavo di canalizzazioni e di irrigazione. Nel 129 a.C. fu completato un canale di più di cento chilometri che dal fiume Wei, su cui sorgeva la capitale, conduceva allo Huang He, il fiume Giallo. Gli stati interni all'impero furono svuotati di potere: i funzionari non furono più scelti dai sovrani locali ma imposti dalla corte imperiale, un nuovo sistema di successione obbligò gli stati a frazionarsi in unità sempre più piccole, mentre molti furono semplicemente sciolti con l'accusa di scarsa lealtà.
Per indebolire la classe dei mercanti, in rapida ascesa, oltre che per incamerare nelle casse imperiali le somme necessarie per l'espansione, Han Wudi trasformò i commerci principali (alcol, sale, ferro e il conio delle monete) in monopoli di Stato. Contemporaneamente vietò la compravendita terriera ai mercanti, senza però riuscire ad impedire l'instaurarsi di una classe di proprietari latifondisti.
Il modello statale e imperiale di Han Wudi divenne la base politica e ideologica fondante di quasi tutta la successiva tradizione cinese, l'impero ora poteva guardare sé stesso non più come a uno stato tra barbari ma come una fonte di ordine e regolamentazione di tutte le terre conosciute e come origine della legittimità di tutti i sovrani cui veniva in contatto.
Fu con Han Wudi che il confucianesimo ottenne la sua definitiva vittoria sulle altre filosofie sociali cinesi e si impose a corte e nel paese.

L'apparato amministrativo

Dall'imperatore dipendevano i Tre duchi: il Gran Maresciallo, da cui dipendeva l'esercito, il Gran Consigliere, da cui dipendeva l'amministrazione civile e i nove dignitari, e il Gran Censore, da cui dipendevano gli ispettori e il sistema di controllo dell'amministrazione stessa.
Con Han Wudi la Segreteria, organo di palazzo formato da eunuchi, assunse un ruolo sempre più importante nella formulazione delle linee politiche dell'impero. Nessun funzionario a nessun livello poteva operare nella regione di cui era nativo. Han Wudi introdusse l'ulteriore norma per cui nessun funzionario avrebbe mai potuto prestare servizio nella zona d'origine dell'ispettore regionale (dipendente dal censorato) a lui preposto.
I membri dell'amministrazione venivano scelti tra quanti frequentavano l'università imperiale, taixue太学, o per segnalazione o per essere membri influenti di importanti famiglie.
La tassazione era basata su due principali imposte: quella sulla terra, che prevedeva il versamento di un quindicesimo del raccolto, e del testatico, successivamente portato da Han Wudi ad un trentesimo. I funzionari e gli aristocratici erano esentati dalle tasse.
Coll'estendersi delle grandi proprietà fondiarie, spesso di funzionari e aristocratici o di mercanti che con essi si erano imparentati o che in qualche misura riuscivano ad eludere le tasse, il carico fiscale ai danni dei piccoli contadini andò però aggravandosi sempre più. Ciò provocò un aumento del potere reale da parte delle grandi famiglie latifondiste, che sempre più, per mezzo di matrimoni, erano in grado di controllare funzionari e fazioni a corte, talora appoggiando o lottando contro altre fazioni di eunuchi.

La via della seta

I traffici lungo la via della seta rappresentarono l'interscambio commerciale tra l'Impero romano e la Cina. I beni scambiati erano seta e pietre preziose dalla Cina e vetro, avorio, argento e incenso dall'Impero romano. Era nota anche una via marittima che portava dal Nilo alla costa africana e, di lì sfruttando gli alisei, in India. Dall'India, circumnavigando la penisola malese, si poteva arrivare alla foce del Zhu Jiang珠江, o Fiume delle Perle. In quell'area sono state trovate monete romane. Nel Hou Hanshu (Storia degli Han Occidentali) è registrato l'arrivo di un'ambasciata da Da Qin (come era nota Roma a quel tempo in Cina) da parte del sovrano romano An Dun (Antonius? il candidato più probabile è Marc'Aurelio che si fece chiamare anche col nome del suo predecessore Antonino Pio, in forma di rispetto).
L'ambasciata raggiunse Luoyang nel 166 e fu ricevuta alla corte dell'imperatore Han Huandi, ma la sua provenienza fu messa in dubbio a causa dei modesti doni offerti, per lo più di origine indiana e africana. Ovviamente la missione potrebbe essere stata realmente proveniente dall'impero romano, del tutto ignaro dell'uso del sistema di tributo in uso presso la corte cinese.
Sporadici contatti, ancora dubbi, sono segnalati in Afghanistan tra truppe cinesi e truppe romane mercenarie al soldo di signori locali, forse sbandati dopo la sconfitta di Marco Licinio Crasso.
Ulteriori tentativi cinesi di mettersi in contatto con l'impero romano, con ambasciatori che giunsero fino alle sponde del Mar Nero o del Mar Caspio, furono fatti fallire dai Parti che avevano tutto da perdere, dato il loro vantaggioso ruolo di intermediatori nel commercio intercontinentale.
I primi monaci buddhisti raggiunsero la Cina attraverso la via della seta durante questa dinastia, ma il loro impatto fu pressoché nullo. Solo dopo la definitiva caduta dinastica il Buddhismo si sarebbe diffuso compiutamente.

La dinastia Xin

Una serie di catastrofi naturali segnarono l'ultima parte della dinastia degli Han Occidentali. Questo faceva ritenere che il Mandato del Cielo tian ming potesse essere stato ritirato, e che una nuova dinastia fosse imminente.
Una spaccatura in seno al confucianesimo fu dovuta a un ritrovamento, dietro un muro della casa di Confucio, di suoi testi scritti in grafia antica, guwen, cioè nello stile del piccolo sigillo, precedente alla grafia di epoca Qin. Questi testi differivano lievemente dagli stessi riscritti a memoria dopo il rogo dei libri decretato da Qin Shi Huang.
Liu Xin (32 a.C.-23 d.C.), confuciano e bibliotecario imperiale, sponsorizzò la lettura razionalista dei testi in grafia antica, mentre altri filosofi mantennero la tradizione della grafia nuova e la lettura esoterica. Liu Xin appoggiò Wang Mang il quale riuscì a prendere il potere e a proclamare nel 9 d.C. una nuova dinastia, la dinastia Xin (9 d.C.-24 d.C.), che sarebbe stata sconfessata da tutta la storiografia ufficiale successiva che avrebbe visto in Wang Mang il prototipo dell'avido usurpatore.
Le riforme intraprese da Wang Mang furono radicali: la schiavitù fu abolita, così come il latifondo, le terre statalizzate e distribuite in piccoli appezzamenti secondo il sistema jintian dei Campi a pozzo, la moneta antica fu svalutata, l'oro reso di proprietà statale e distribuite monete di nuovo conio (a imitazione di quelle degli Stati Combattenti) a valore del cambio sopravvalutato. I monopoli di stato furono estesi a includere i prodotti delle montagne e dei fiumi e il controllo dei granai di cereali per la calmierazione dei prezzi changpingcang.
La riforma fu un totale insuccesso: i funzionari che avrebbero dovuto realizzarla erano gli stessi che ne avrebbero patito le maggiori conseguenze.
Con il proseguire delle catastrofi naturali, compresa l'esondazione dello Huang He che si divise in due rami a est dello Shandong andando a sfociare parte nel Golfo di Bohai e parte nel Mar Giallo, si svilupparono anche movimenti di rivolta.
Nello Shandong si formò l'esercito dei Sopraccigli Rossi, Chimei (dal colore con cui si tingevano le sopracciglia per incutere terrore e distinguersi dai soldati di Wang Mang ), mentre nel Hubei e nel Henan si organizzò l'"Esercito del Bosco Verde", Lülinjun, comandato da membri del clan imperiale Liu. Nel 23 l'Esercito del Bosco Verde sconfiggeva un'enorme armata di Wang Mang, che fu ucciso, mentre marciava su Chang'an. Liu Xuan fu proclamato imperatore ripristinando la dinastia degli Han Occidentali e scegliendo come nome di era storica Gengshi, ossia Rinascita.

La dinastia degli Han Orientali

Liu Xuan stabilì nel 23 la capitale a Luoyang, a oriente dei valichi che portano a Chang'an. Nel 25 la riportò a Chang'an, ma i Sopraccigli Rossi espugnarono la città, uccisero Liu Xuan e proclamarono un nuovo imperatore. Liu Xiu, parente e compagno di Liu Xuan già entro il 29 sarebbe riuscito a vendicarlo e sconfiggere i Sopraccigli Rossi e, nel 36, a riconquistare tutte le province dell'impero fissando definitivamente la capitale a Luoyang.
Liu Xiu divenne così il primo sovrano degli Han Orientali, passato poi alla storia con il nome di Guangwudi. Le leggi di Wang Meng furono abolite, fu abbandonato il sistema dei monopoli e i latifondisti poterono utilizzare manodopera servile. Alla fine del regno di Guangwudi la popolazione era di appena 21 milioni di persone, poco più di un terzo rispetto al censimento fatto durante l'effimera dinastia Xin. La carestia, le guerre e i disordini avevano causato una spaventosa crisi di popolazione. I Xiongnu si stabilirono dentro l'ansa del Huang He mentre l'Asia centrale riuscì a essere riconquistata e tenuta solo dal 123 al 150.

La crisi

A partire da Han Hedi (89-105) ci furono ben otto imperatori che salirono al trono adolescenti o bambini: ciò permetteva alle famiglie delle madri di esercitare il potere, mentre a corte a loro si contrapposero gli eunuchi. Nel 147, con Han Huandi nominato imperatore, la fazione degli eunuchi prese il potere mandando a morte il reggente Liang Ji e tutta la sua famiglia allargata.
Le famiglie che fino ad allora avevano controllato le successioni imperiali si coalizzarono nella Pura Corrente, qingliu, con lo scopo di rimuovere, declassare o uccidere gli eunuchi. Nel 166 l'imperatore cominciò a punire gli appartenenti alla Pura Corrente, ma la sua morte e la successione di Han Lingdi ancora bambino, impedirono una totale vittoria. Con il nuovo imperatore si preparò la sconfitta degli eunuchi, ma un loro colpo di Stato prevenne la mossa e nel 170 furono in grado di costringere al suicidio il reggente e ad incarcerare funzionari della Pura Corrente e un centinaio di confuciani dell'università imperiale. Da allora il potere degli eunuchi fu incontrastato.
Mentre alle frontiere i Xiongnu, i Xianbei e i proto-tibetani Qiang premevano o insorgevano, nell'impero esplose nel 184 la rivolta dei Turbanti Gialli, huangjin. Questo era un gruppo millenaristico imbevuto di ideali taoisti, che propugnava l'uguaglianza universale, il ritorno alla pace, l'abolizione della ricchezza, si preoccupava per la cura dei malati e annunciava il prossimo realizzarsi di una nuova età.
Per domare la rivolta dei Turbanti Gialli, che arrivarono ad avere un esercito di 350.000 uomini, i latifondisti ricorsero alla mobilitazione di eserciti mercenari. Una volta sconfitti i rivoluzionari i nuovi capi militari passarono a massacrare tutti gli eunuchi nella capitale, deporre l'imperatore Han Shaodi ed a sostituirlo con Han Xiandi. Nel corso di questi eventi nel 190 fu incendiata la biblioteca imperiale.
Con il collasso dell'impero, l'imperatore venne esiliato a Xuchang nello Henan, mentre il potere reale passava a tre capi militari: Cao Cao, nella regione delle capitali Han e nel nord della Cina, Sun Quan nella regione meridionale, mentre il Sichuan passava a Liu Bei.
La dinastia infine cadde nel 220 per dare spazio al periodo dei Tre Regni in cui le tre aree in cui era stato ripartito l'impero Han si sarebbero costituite come tre stati indipendenti e in lotta per la supremazia.

Imperatori della dinastia Han

Nomi Postumi Cognomi familiari e nomi Periodo di regno Ere di governo e loro datazione
Per convenzione cinese i sovrani Han portano il nome della dinastia e il nome postumo seguito da di, imperatore: "Han" + nome postumo + "di" con l'eccezione di: Liu Gong, Liu Hong, Liu He, Liu Ying, Liu Yi e Liu Bian
Dinastia Han Occidentali 206 a.C.-9 d.C., 23-25
Gao Zu (pinyin: gāo) Liu Bang (刘邦 pinyin: liú bāng) 206 a.C.-195 a.C. non esiste
Hui (pinyin: hùi) Liu Ying (刘盈 pinyin: liú yíng) 195 a.C.-188 a.C. non esiste
Shao (pinyin: shào) Liu Gong (刘恭 pinyin: liú gōng) 188 a.C.-184 a.C. non esiste
Nota: reggenza dell'Imperatrice vedova Lü
Shao (pinyin: shào) Liu Hong (刘弘 pinyin: liú hóng) 184 a.C.-180 a.C. non esiste
Nota: reggenza dell'Imperatrice vedova Lü
Wen (pinyin: wén) Liu Heng (刘恒 pinyin: liú héng) 180 a.C.-157 a.C. Houyuan (后元 pinyin: hòu yúan) 163 a.C.-156 a.C.
Jingdi (pinyin: jĭng) Liu Qi (刘启 pinyin: liú qĭ) 157 a.C.-141 a.C. Zhongyuan (中元 pinyin: zhōng yúan) 149 a.C.-143 a.C.
Houyuan (后元 pinyin: hòu yúan) 143 a.C.-141 a.C.
Wu (pinyin: wŭ) Liu Che (刘徹 pinyin: liú chè) 141 a.C.-87 a.C.
Jianyuan (建元 pinyin: jìan yúan) 140 a.C.-135 a.C.
Yuanguang (元光 pinyin: yúan gūang) 134 a.C.-129 a.C.
Yuanshuo (元朔 pinyin: yúan shùo) 128 a.C.-123 a.C.
Yuanshou (元狩 pinyin: yúan shòu) 122 a.C.-117 a.C.
Yuanding (元鼎 pinyin: yúan dĭng) 116 a.C.-111 a.C.
Yuanfeng (元封 pinyin: yúan fēng) 110 a.C.-105 a.C.
Taichu (太初 pinyin: tài chū) 104 a.C.-101 a.C.
Tianhan (天汉 pinyin: tīan hàn) 100 a.C.-97 a.C.
Taishi (太始 pinyin: tài shĭ) 96 a.C.-93 a.C.
Zhenghe (征和 pinyin: zhēng hé) 92 a.C.-89 a.C.
Houyuan (后元 pinyin: hòu yúan) 88 a.C.-87 a.C.
Zhao (pinyin: zhāo) Liu Fuling (刘弗陵 pinyin: liú fúlíng) 87 a.C.-74 a.C. Shiyuan (始元 pinyin: shĭ yúan) 86 a.C.-80 a.C.
Yuanfeng (元凤 pinyin: yúan fèng) 80 a.C.-75 a.C.
Yuanping (元平 pinyin: yúan píng) 74 a.C.
Principe He di Changyi (昌邑王 pinyin: chāng yí) Liu He (刘贺 pinyin: liú hè) 74 a.C. Yuanping (元平 pinyin: yúan píng) 74 a.C.
Xuan (pinyin: xūan)
Liu Xun (刘询 pinyin: liú xún)
o Liu Bingyi (刘病已 pinyin: liú bìngyĭ)
74 a.C.-49 a.C.
Benshi (本始 pinyin: bĕn shĭ) 73 a.C.-70 a.C.
Dijie (地节 pinyin: dì jíe) 69 a.C.-66 a.C.
Yuankang (元康 pinyin: yúan kāng) 65 a.C.-61 a.C.
Shenjue (神爵 pinyin: shén júe) 61 a.C.-58 a.C.
Wufeng (五凤 pinyin: wŭ fèng) 57 a.C.-54 a.C.
Ganlu (甘露 pinyin: gān lù) 53 a.C.-50 a.C.
Huanglong (黃龙 pinyin: húang lóng) 49 a.C.
Yuan (pinyin: yúan) Liu Shi (刘奭 pinyin: liú shì) 49 a.C.-33 a.C.
Chuyuan (初元 pinyin: chū yúan) 48 a.C.-44 a.C.
Yongguang (永光 pinyin: yŏng gūang) 43 a.C.-39 a.C.
Jianzhao (建昭 pinyin: jìan zhāo) 38 a.C.-34 a.C.
Jingning (竟宁 pinyin: jìng níng) 33 a.C.
Cheng (pinyin: chéng) Liu Ao (刘骜 pinyin: liú áo) 33 a.C.-7 a.C.
Jianshi (建始 pinyin: jìan shĭ) 32 a.C.-28 a.C.
Heping (河平 pinyin: hé píng) 28 a.C.-25 a.C.
Yangshuo (陽朔 pinyin: yáng shùo) 24 a.C.-21 a.C.
Hongjia (鸿嘉 pinyin: hóng jīa) 20 a.C.-17 a.C.
Yongshi (永始 pinyin: yŏng shĭ) 16 a.C.-13 a.C.
Yuanyan (元延 pinyin: yúan yán) 12 a.C.-9 a.C.
Suihe (隋和 pinyin: sūi hé) 8 a.C.-7 a.C.
Ai (pinyin: āi) Liu Xin (刘欣 pinyin: liú xīn) 7 a.C.-1 a.C. Jianping (建平 pinyin: jìan píng) 6 a.C.-3 a.C.
Yuanshou (元寿 pinyin: yúan shòu) 2 a.C.-1 a.C.
Ping (pinyin: píng) Liu Kan (刘衎 pinyin: liú kàn) 1 d.C.-6 Yuanshi (元始 pinyin: yúan shĭ) d.C. 1-6
Ruzi (孺子 pinyin: rú zi) Liu Ying (劉婴 pinyin: liú yīng) d.C. 6-9
Jushe (居摄 pinyin: jū shè) febbraio d.C. 6 - ottobre d.C. 8
Chushi (初始 pinyin: chū shĭ) novembre d.C. 8 - gennaio 9
Dinastia Xin (9-23 d.C.)
Continuazione della dinastia Han
Gengshi (更始 pinyin: gèng shĭ) Liu Xuan (刘玄 pinyin: liú xúan) 23-25 Gengshi (更始 pinyin: gèng shĭ) 23-25
Dinastia Han Orientali 25 - 220
Guangwu (光武 pinyin: gūang wŭ) Liu Xiu (刘秀 pinyin: liú xìu) 25-57
Jianwu (建武 pinyin: jìan wŭ) 25-56
Jianwuzhongyuan (建武中元 pinyin: jìan wŭ zhōng yúan) 56-58
Ming (pinyin: míng) Liu Zhuang (刘庄 pinyin: liú zhūang) 57-75 Yongping (永平 pinyin: yŏng píng) 58-75
Zhang (pinyin: zhāng) Liu Da (刘炟 pinyin: liú dá) 75-88
Jianchu (建初 pinyin: jìan chū) 76-84
Yuanhe (元和 pinyin: yúan hé) 84-87
Zhanghe (章和 pinyin: zhāng hé) 87-88
He (pinyin: hé) Liu Zhao (刘肇 pinyin: liú zhào) 88-106
Yongyuan (永元 pinyin: yŏng yúan) 89-105
Yuanxing (元兴 pinyin: yúan xīng) 105-106
Shang (pinyin: shāng) Liu Long (刘隆 pinyin: liú lóng) 106 Yanping (延平 pinyin: yán píng) 106-107
An (pinyin: ān) Liu Hu (刘祜 pinyin: liú hù) 106-125
Yongchu (永初 pinyin: yŏng chū) 107-113
Yuanchu (元初 pinyin: yúan chū) 114-120
Yongning (永宁 pinyin: yŏng níng) 120-121
Jianguang (建光 pinyin: jian4 guang1) 121-122
Yanguang (延光 pinyin: yán gūang) 122-125
Shaodi (少帝 pinyin: shào dì) o Marchese di Beixiang (北乡侯 pinyin: bĕi xīang) Liu Yi (刘懿 pinyin: liú yì) 125 Yanguang (延光 pinyin: yán gūang) 125
Shun (pinyin: shùn) Liu Bao (劉保 pinyin: liú báo) 125-144 Yongjian (永建 pinyin: yŏng jìan) 126-132
Yangjia (阳嘉 pinyin: yáng jīa) 132-135
Yonghe (永和 pinyin: yŏng hé) 136-141
Hanan (汉安 pinyin: hàn ān) 142-144
Jiankang (建康 pinyin: jìan kāng) 144
Chong (pinyin: chōng) Liu Bing (刘炳 pinyin: liú bĭng) 144-145 Yongxi (永熹 pinyin: yōng xī) 145
Zhi (pinyin: zhí) Liu Zuan (刘缵 pinyin: liú zŭan) 145-146 Benchu (本初 pinyin: bĕn chū) 146
Huan (pinyin: húan) Liu Zhi (刘志 pinyin: liú zhĭ) 146-168 Jianhe (建和 pinyin: jìan hé) 147-149
Heping (和平 pinyin: hé píng) 150
Yuanjia (元嘉 pinyin: yúan jīa) 151-153
Yongxing (永兴 pinyin: yŏng xīng) 153-154
Yongshou (永寿 pinyin: yŏng shòu) 155-158
Yanxi (延熹 pinyin: yán xī) 158-167
Yongkang (永康 pinyin: yŏng kāng) 167
Ling (pinyin: líng) Liu Hong (刘宏 pinyin: liú hóng) 168-189 Jianning (建宁 pinyin: jìan níng) 168-172
Xiping (熹平 pinyin: xī píng) 172-178
Guanghe (光和 pinyin: gūang hé) 178-184
Zhongping (中平 pinyin: zhōng píng) 184-189
Shao Di (少帝 pinyin: shào dì) o re di Hongnong (弘农王 pinyin: hóng nóng) Liu Bian (刘辩 pinyin: liú bìan) 189 Guangxi (光熹 pinyin: gūang xī) 189
Xian (pinyin: xìan) Liu Xie (劉协 pinyin: liú xíe) 189-220 Zhaoning (昭宁 pinyin: zhāo níng) 189
Yonghan (永汉 pinyin: yŏng hàn) 189
Chuping (初平 pinyin: chū píng) 190-193
Xingping (兴平 pinyin: xīng píng) 194-195
Jianan (建安 pinyin: jìan ān) 196-220
Yankang (延康 pinyin: yán kāng) 220



Arte della dinastia Han

Se l'arte prodotta dalle dinastie Shang e Zhou rappresentò compiutamente gli attributi principali dell'arte cinese, la dinastia Han può essere considerata come la portatrice del periodo classico, capace di delineare quegli elementi stilistici che diventeranno modelli di riferimento nell'età seguenti, dei Tang, Song, Ming.
Questa significativa fertilità culturale ed artistica venne raggiunta grazie alla formazione di un'unità politica, militare ed economica.
L'opera più grandiosa risultò la Grande muraglia, che ebbe il duplice effetto di proteggere i cinesi dai Mongoli e nello stesso tempo di compattarli e di spingerli verso una espressione artistica omogenea.
Nell'antica capitale Chang'an sono stati rinvenuti, nella seconda metà del Novecento, resti architettonici risalenti al periodo Han, come anche reperti scultorei derivati dai sepolcri a tumulo ricoperti di lastre pietrose ed in terracotta. Questi reperti, per lo più costituiti da tavolette incise oppure a forma di rilievo bassissimo che risolve in effetti pittorici la prospettiva del volume reale dei corpi, descrivono scene di vita di corte, quali dame raffinate e dinamiche mentre cavalcano o conducono carrozze, o ancora contadini a cavallo sullo sfondo di scenari paesaggistici tipici.
Anche la pittura su tavolette, arrivata ai nostri tempi in pochi esemplari ma descritta accuratamente nei documenti storici letterari, ebbe il merito di immortalare le caratteristiche sociali, oltreché gli usi ed i costumi della florida ed erudita collettività aristocratica degli Han.
La tecnica pittorica utilizzata venne riferita dettagliatamente negli ornamenti del sepolcro Wangdu, rinvenuto nel 1952: la composizione per protocolli prevedeva in alternanza temi astratti presi dal mondo animale e temi realistici derivati dall'ambito rurale.
Il corredo funerario è arricchito da statuette in terracotta, i mingqi, che riproducono sia eventi e tipi della società Han sia modellini di casa, oltreché da figure femminili danzanti, vestite in modo raffinato, acconciate da vistose pettinature e manifestanti sguardi gioiosi.
Se i vasi non si discostarono troppo dagli stereotipi degli Shang e dei Zhou, gli specchi si distinsero per incisione e rilievi plastici.
Il gioiello ebbe molta diffusione e popolarità e venne lavorato con tecniche innovative, quali la doratura del bronzo, le niellatura, l'aggiunta di pietre e smalti.
La ceramica, pur seguendo i modelli dei periodi precedenti, sviluppò prodotti aventi una maggiore leggerezza d un cromatismo tendente al chiaro.




lunedì 8 marzo 2021

Il Wing Chun è un'arte marziale totalmente di tecnica o serve anche la forza fisica?


E' una domanda che nasce da un postulato fondamentalmente erroneo.

Nel Wing Chun ci si allena tecnicamente per imparare ad utilizzare il proprio corpo in maniera biomeccanicamente efficiente, massimizzando cioè la propria forza.

Un colpo è un colpo, hai bisogno di forza e controllo per essere efficace.
Non è come sollevare un bilanciere né come eseguire un qualunque altro tipo di esercizio di resistenza, la coordinazione neuromuscolare e la catena cinetica sfruttano pattern completamente differenti, il tuo focus sarà sull'esplosività del colpo, sul controllo successivo all'impatto, sul recupero in caso di schivata o parata… si tratta comunque di abilità derivate dalla gestione della propria tensione muscolare.

Ciò significa che stai comunque allenando la tua forza, assolutamente necessaria in qualunque arte marziale.


domenica 7 marzo 2021

Quale arte marziale (Taekwondo, Karate, Boxe, Judo, ecc.) è la più utile per la difesa personale o risse da strada ?

 


Tutte possono essere utili. Il problema non e' tanto quale e' la tecnica migliore ma quanto la capacita di combattere in situazioni difficili. Bisognerebbe praticare molto lo sparring, e non solo con i propri compagni di palestra bensì con persone sconosciute (di altre palestre gemellate ad esempio). Questo e' necessario per maturare una certa confidenza nelle proprie capacità durante lo stress del combattimento, superare la paura di ricevere un pugno sul viso, un colpo nel fegato, cadere a terra, essere messo all'angolo, ecc.. Per questo motivo, consiglio uno sport da combattimento (possibilmente su ring) piuttosto che un arte marziale tradizionale. Le arti marziali tradizionali (Karate,TKD, Kung Fu,ecc..) si concentrano più sulla tecnica, la forma e non sul combattimento (lo sparring la maggior parte delle volte non esiste neanche nel corso). Lo sport di combattimento (esempio boxe, kickboxing, thai boxe, MMA,ecc..) si concentrano sia sulla tecnica che sulla preparazione fisica e una buona parte è dedicata allo sparring (Combattimento).


P.s.

Consiglio di EVITARE tutti quei corsi fantasiosi di Difesa personale, Autodifesa e cavolate del genere (e soprattutto i maestri che si spacciano tali , i bullshido sensei) un esempio dei “Bullshido” i maestri delle FAKE arti marziali.


sabato 6 marzo 2021

Daodejing

Risultati immagini per Daodejing



Il Daodejing (道德經, 道德经, Pinyin: Dàodéjīng, Wade-Giles: Tao Te Ching «Libro della Via e della Virtù») è un testo cinese di prosa talvolta rimata, la cui composizione risale a un periodo compreso tra il IV e il III secolo a.C.
Il libro è di difficile interpretazione. A ciò si aggiunge il sospetto che le tavolette dalle quali era composto, mal rilegate, si slegassero frequentemente, in modo tale che blocchi di caratteri si mescolassero nel tramandarlo: da qui il sorgere di numerose questioni critiche e interpretative. Il testo permette di affrontare diversi piani di lettura e d'interpretazione.
L'opera è stata composta in una fase storica non ben delineata. Per secoli gli studiosi l'hanno attribuita al saggio Laozi (老子, pinyin: lǎozi), ma, in primo luogo, non vi è attestazione storica dell'esistenza dell'uomo, nemmeno lo storico cinese Sima Qian si dice certo del personaggio, inoltre il testo ha subito numerosi rimaneggiamenti sino al primo periodo Han (206 a.C.-220 d.C.). Tuttavia, l'esistenza del testo non è attestata prima del 250 a.C..
Il periodo tra il 403 a.C. ed il 256 a.C., chiamato degli Stati combattenti, fu un'epoca durante la quale i vari sovrani cinesi si dichiaravano guerra continuamente. Età violenta ma che, nonostante ciò, risultò essere l'apice della creatività del pensiero cinese. La tradizione racconta che Lao Zi decise di allontanarsi dalla corte Zhou perché, stanco delle lotte e del disordine, desiderava tranquillità. Partì con il suo bufalo ed arrivò al confine del suo stato dove venne fermato dal guardiano del valico, chiamato anche Yin del valico (关尹, pinyin: Guān Yǐn). Il guardiano riconobbe Lao Zi e gli disse che non poteva andarsene prima di aver lasciato un segno tangibile della sua saggezza. Fu in questa occasione che Lao Zi compose il Tao Te Ching. Finito di scrivere, Lao Zi se ne andò e di lui non si seppe più niente.

Struttura del testo

Il Daodejing è un testo relativamente breve, che consta di 5.000 caratteri: per questo motivo è noto anche come 五千文 (wù qian wen) o "[Classico] dei cinquemila caratteri". Il testo è suddiviso in ottantuno capitoli o "stanze" di lunghezza diversa, all'interno dei quali si ritrovano numerosi passaggi in rima, costituiti da veri e propri versi ritmati.
Il testo tratta argomenti molto eterogenei nelle diverse stanze: si tratta molto spesso di aforismi, massime e precetti che vengono proposti in un linguaggio in cui abbondano metafore e termini di significato ambiguo, spesso di difficile traduzione. Per questo motivo sono possibili diverse interpretazioni degli stessi passaggi.
Per le sue caratteristiche compositive il Daodejing si differenzia da altri importanti testi filosofici cinesi, quali i Dialoghi, in cui la stragrande maggioranza degli aneddoti riportano veri e propri frammenti di dialogo tra il maestro e i suoi discepoli, o il Zhuangzi, l'altro grande testo della tradizione taoista che invece è strutturato in veri e propri capitoli narrativi.
L'eterogeneità del contenuto non offre coordinate spazio-temporali o riferimenti specifici, rendendone difficile la datazione e la collocazione geografica: ciò, assieme al linguaggio usato, permette un'ampia varietà di interpretazioni del testo i cui insegnamenti sono stati applicati alle tematiche più disparate.

Tao

Il primo capitolo del Daodejing si apre con la seguente affermazione: "Il tao che può essere detto non è l'eterno tao". Una delle interpretazioni di questa frase, alla luce di altri passaggi del testo che ritornano su questo argomento, è che vi sia una dimensione dicibile del tao che però non arriva a sfiorare la vera natura di esso, che per definizione sfugge a qualunque tentativo di "presa" mediante il discorso e il linguaggio.
Circa il significato del titolo:
  • Dào/Tao letteralmente ha il significato di "via".
  • Dé/Te traducibile con "virtù".
  • Jīng/Ching qui usato nei significati di canone o "grande libro" o "classico"
Il titolo dell'opera si può tradurre come "il classico della Via e della virtù".
Nel secondo capitolo si afferma che il tao è al di là degli opposti, un'essenza che la dualità non comprende. Gli opposti (per es. il bene e il male) servono solamente per orientarsi, ma qualunque saggio sa che non esistono. Lo yin e lo yang (prodotti del tao) non esistono puri ma sono sempre in reciproca proporzione e il loro intreccio dà vita alle "10.000 cose" (tutte le cose) che non sono altro che un'interazione fra opposti.
Infatti il tao è "uno stile di vita, la via maestra che si riflette sia nel macrocosmo (l'organizzazione perfetta dell'universo) che nel microcosmo (lo stile di vita di ognuno di noi, l'arte di compiere ogni attività)".

Wu

Nel capitolo 11 Laozi parla di un vaso e dice che la sua utilità non sta nell'argilla usata per produrlo, bensì nel vuoto che può essere riempito. Questa constatazione ci fa entrare nell'ottica del wu (, cinese semplificato: ), da intendersi come nothing, nessuna cosa, quel vuoto che non è mancanza ma è il nulla, potenziale matrice di ogni cosa. In questa visione è più importante ciò che non è detto, ciò che si legge fra le righe, ciò che non si sente. È in quest'ottica che si comprende la brevità del Tao Te Ching.