"Liberati
della tua forza" risulta essere una delle armi vincenti per
affrontare il Chi Sao ("mani appiccicose", uno degli
esercizi propri dello stile), ma non solo. Approfondiamo
l'argomento.
Anzitutto, partiamo dalla considerazione che
l'energia non è la forza. L'energia è un concetto interiore
che si può esprimere esteriormente anche senza l'utilizzo della
forza, anzi, spesso e volentieri è proprio l'assenza di forza a
donare l'energia necessaria e sufficiente per affrontare un
combattimento. Quando costruiamo un ponte (Kiu) tra noi e
l'avversario, creiamo una pressione energetica. Quando la forza
prende il sopravvento sulla pressione si dà uno stimolo
all'avversario, che avrà maggiori possibilità di liberarsi di noi e
della nostra forza. Ecco perché bisogna sempre togliere la forza
durante il contatto, ma creare la giusta tensione tendinea e
muscolare, che ci permetta di controllare e gestire sia il nostro
equilibrio, sia le forze avversarie in entrata.
Ora, in molti si
chiedono se il punto di contatto-pressione debba essere quello in cui
si concentra l'energia. La risposta ovvia dovrebbe essere
"assolutamente sì, in assenza di forza", ma risulterebbe
di difficile comprensione. Ecco, allora, che dobbiamo analizzare la
questione senza frasi fatte, per permettere la comprensione di questo
principio di straordinaria importanza. Liberarsi della propria
forza significa non dare stimoli all'avversario, creare il vuoto. Nel
punto di contatto deve concentrarsi l'energia, cioè l'attenzione
interna del praticante, non certo la forza. Contrapporre forza a
forza equivale ad escludere la possibilità di azione da entrambe le
parti. Allora, come si reagisce ad uno stimolo su un punto di
contatto? Si elimina la forza, si crea un equilibrio di energia, si
risponde con un attacco Yang o con un attacco Yin -
avete letto bene, un attacco Yin! - e poi si ritorna in una
posizione di equilibrio.
Liberarsi della forza non signifa essere
debole o "svuotarsi" (quante volte l'avremo sentita questa
parola?!) ad ogni attacco, come viene mal interpretato altrove, ma,
più correttamente, impedire alla propria forza muscolare di
bloccare la fluidità dell'energia, convogliandola in un solo
punto. Ecco, questo mi sembra importante da sottolineare. Ciò
significa che la forza va utilizzata nella giusta maniera ovvero
attraverso linee di forza poste su angoli specifici, ma all'interno
di un lavoro posturale, alla ricerca dell'equilibrio, della stabilità
e dell'elasticità del movimento, altrimenti sarebbe inutile
praticare la nostra stupenda arte marziale.
Credo che questo
principio di cui parliamo sin dai primi giorni nella palestre sia
importante per sottolineare il concetto di "fluire", di
"fluidità", di "armonia". Ricordiamoci sempre
che il nostro obiettivo è quello di diventare "acqua", la
sostanza che scorre dolcemente o impetuosamente, con la sua carica
esplosiva e devastante, sia nella sua componente, la goccia (che
scava la roccia), sia nella sua interezza, che distrugge e
travolge.
Non dobbiamo permettere che le nostre reazioni istintive
e piene di forza ci facciano bloccare. È pur vero che dobbiamo usare
i muscoli, ma in modo adeguato, verso delle direzioni e delle linee
di forza ben precise, che ci rendano in grado di cambiare le stesse
linee, mantenendo la pressione costante, evitando i buchi, tenendo
vivi i ponti che abbiamo instaurato ed affondando quelli costruiti
dall'avversario. Solo in questo modo possiamo fluire. Ecco perché
utilizziamo in maniera preponderante la catena muscolare posteriore
dei dorsali, dei tricipiti e degli stabilizzatori della spalla, con
particolare attenzione a non utilizzare eccessivamente bicipiti,
pettorali e spalle. Ora, però, è anche importante liberarci dalla
teoria troppo "muscolare", perché rischia di essere
controproducente per il praticante. Non vi fossilizzate mai su un
muscolo o su un altro. Abbiate una visione olistica, totale, del
corpo.
Approfondiamo un momento la questione legata alla forza,
alla pressione e alla sensibilità. Partiamo dal presupposto che,
secondo la mia esperienza, solo durante lo studio del Chi Sao
si comprende, si affina e si percepisce realmente ed adeguatamente.
Nel Chi Sao possiamo approfondire il significato di forza,
pressione, stabilità e sensibilità, morbidezza e flessibilità.
Con
il termine forza (Li) io intendo l'utilizzo della
muscolatura, che permette di sviluppare l'esplosività verso
l'avversario, appena si presenta l'occasione, ovvero la quantità
di energia sprigionata con un colpo. Ovviamente la forza è
allenabile oltre l'Arte in sé, anche mediante l'utilizzo di pesi,
esercizi fisici e mirati alla crescita muscolare. Molti ritengono
errato usare il termine "forza", perché pensano che la
potenza dei colpi debba essere solo di natura tendinea. Io, invece,
penso che la muscolatura debba essere usata nella giusta misura: la
forza deve essere il risultato della tensione dinamica della
muscolatura che viene liberata quando scompare l'ostacolo, oppure
quando prendiamo un angolo favorevole. La tensione è indotta in
parte da noi (la pressione), in parte dall'avversario, che con il suo
attacco carica le nostre "molle". Solo col movimento del
corpo si può formare un attacco completo e non solo di natura
muscolare.
Con pressione, invece, intendo l'energia
costante sviluppata verso l'avversario, che permette di rimanere
in equilibrio e di sbilanciare chi abbiamo davanti. La pressione non
utilizza movimenti muscolari di potenza, ma con il solo fluire
dell'energia sprigionata dalla corretta postura e dal giusto utilizzo
della colonna vertebrale - nonché dall'allungamento tendineo -,
aiutandosi con il corretto uso degli angoli di attacco, permette di
mantenere una costante energia, che crea un'aurea intorno al
praticante, come se fosse immerso in una sfera. La pressione nasce
spesso dal corretto utilizzo del gomito e dell'incastro
dell'articolazione scapolo-omerale, ma non solo. Non complico
ulteriormente il punto, altrimenti rischiamo di entrare in un campo
minato.
Con sensibilità, infine, intendo la capacità
di sviluppare una risposta fluida e flessibile agli impulsi emanati
dall'avversario, senza mai lasciar da parte gli altri due
concetti di forza e pressione. Probabilmente il concetto di
sensibilità è quello più frainteso (o dibattuto, dipende dai punti
di vista) dai praticanti di Wing Chun di tutti i lineage. Secondo
me non deve esistere una sensibilità consapevole. La nostra
azione non deve essere il risultato di un processo logico
(input-elaborazione-output), ma il frutto di reazioni
spontanee di una struttura muscolo-scheletrica abituata ad operare
secondo certi principi. Per non appesantire troppo la questione,
diciamo che la sensibilità non deve essere un "programma"
(processo logico) che gira nel nostro computer (cervello), bensì il
"sistema operativo" (struttura). Ad ogni modo credo che
l'idea di sensibilità epidermica sia una conclusione cui si è
arrivati per cercar di far capire il concetto ai giovani praticanti
Wing Chun, ma che li abbia portati ad un erroe grossolano. In breve,
ritengo che la sensibilità "a pelle" sia una sciocchezza:
come conferma, vi chiedo di provare a fare Chi Sao con le braccia
bagnate dal sudore. Lì scompare ogni capacità semplicemente tattile
ed entrano in gioco solo le capacità del vostro sistema. Bisogna
capire quello che avviene 'ascoltando' l'aumento o la diminuzione
delle tensioni muscolari e, in base ai cambiamenti, avere la capacità
di lavorare sugli angoli di attacco, modificando le articolazioni in
maniera corretta. Dal duro - non rigido -, spesso, nasce il morbido -
non debole -. Da qui, un principio che non tratto qui, ora.
Sicuramente l'uso del termine "liberati" presuppone l'esistenza di un
vincolo, di un impedimento, di una costrizione. Forse questo vincolo è
rappresentato dalla forza - se vogliamo "rozza", "rigida" e "statica" -,
che impedisce il fluire dell'energia, consentendo all'avversario di
"aggrapparsi" ad essa, trovando un valido appiglio nel combattimento.
Probabilmente, il fatto di vivere in questo tipo di società implica
anche tutta una serie di acquisizioni negative, come, per esempio,
l'utilizzo della forza per la risoluzione delle contraddizioni. Liberarsi della propria forza è anche un passaggio filosofico che implica il dimenticare se stessi ovvero estraniarsi dall'azione in sé.
Sicuramente avrete notato come i migliori Maestri utilizzino meno forza
rispetto agli allievi, proprio perché sono arrivati a questa
consapevolezza: solo la presenza di energia genera la reazione fluida e
flessibile, mentre la forza, al contrario, genera staticità e
discontinuità.
Per controllare l'attacco dell'avversario non
dobbiamo opporre resistenza muscolare e di potenza, ma essere morbidi e
sinuosi, come il serpente. Dobbiamo imparare a muoverci caso per caso,
secondo la sensibilità che acquisiamo con l'allenamento, da una parte, e
con la consapevolezza che la nostra forza è solo un impedimento.
La
metafora dell'acqua è fondamentale per capire il concetto espresso. Una
volta divenuti acqua, ogni piccola insenatura verrà riempita dalla
nostra energia, non rimarrà spazio per il vuoto e, nel caso si incontri
una buona struttura dell'avversario, si creerà un equilibrio stabile, ci
ritroveremo a inondare i suoi difetti o ad essere ben incollati alla
sua stabilità, cercando di toglierla. Non a caso "se la strada non è
libera incollati al tuo avversario", recita un altro motto legato alla
strategia del combattimento.
Liberarsi della propria forza
significa anche far scomparire la contrazione muscolare dovuta al
nervosismo, alla rabbia, allo stress della vita quotidiana. Ecco che un
principio della forza può avere una lettura filosofica ed esistenziale,
che ci aiuta ad abbandonare lo stato mentale di disequilbrio per
proiettarci in uno stato di assorbimento, di ricezione e di percezione
delle forze esterne, alle quali saremo in grado di rispondere. Un corpo
rilassato segue una mente rilassata. Un corpo libero segue una mente
libera.
L'energia che si crea nella stabilità non è rigida, perché
il corpo non è mai fermo. Il movimento è la chiave per la stabilità,
anche se è un movimento interno. Ma ricordiamo pure che non si può
essere stabili nel movimento se non si trova e non si sa essere stabili
nella fase statica. Questo è un punto dirimente rispetto ad altri
lineage. Se non testiamo la nostra capacità da fermi, non potremo
passare ad analizzarla in movimento. Non passando per questo step,
rischiamo di creare movimenti senza stabilità, ricercando solo la
velocità di spostamento - esterno -, non dando spazio alla ricerca della
stabilità posturale - interno -.
Nel fare Chi Sao, per esempio,
bisogna mantenere sempre l'equilibrio generale, dato dalla distribuzione
del peso, dall'angolazione, dalla posizione degli arti, dalle
pressioni, etc. L'equilibrio generale deve mantenersi per tutta la
durata dei movimenti. Però, fateci caso, il Chi Sao viene utilizzato nel
momento in cui l'allievo ha preso coscienza della stabilità, perché
senza questa, non sarebbe possibile durare un secondo di fronte ad
un'altra persona. Ecco perché ne facciamo il cardine dello studio dei
primi anni di apprendimento!
Andiamo ad analizzare lo scaricamento a terra della forza.
Partiamo
dal presupposto che un corpo scarica naturalmente la forza a terra, sia
che si muova sia che stia fermo, perchè è la struttura del corpo che
porta le forze a scaricarsi. Nel momento in cui si rivolge la propria
forza all'avversario (ad esempio "assorbendo" con un braccio e colpendo
con l'altro) si scarica forza a terra, perché il movimento rotatorio può
avvenire solo se c'è una buona stabilità. Lo scaricare a terra ha
proprio il senso del radicamento, di cui abbiamo già parlato. Il radicamento è la sensazione di essere in equilibrio che si prova quando si assorbe la forza avversaria o quando si crea stabilità in assenza di forze (visibili).
Nel
momento in cui impariamo a scaricare a terra l'energia entrante, grazie
all'utilizzo delle corrette angolazioni, al cambio di peso su una gamba
o sull'altra, al sistema osseo, articolare e tendineo-muscolare, ecco
che possiamo accedere agli esercizi in movimento dedicati al
combattimento. Non sto qui a spiegare come ci si libera della propria
forza attraverso l'uso delle componenti appena descritte, ma vorrei solo
richiamare alla mente il fatto che ogni esercizio posturale serve
proprio a questo, ad imparare a liberarsi delle tensioni muscolari e
della propria forza in generale, donando a terra ciò che non occorre.
Vedremo successivamente come donare al cielo ciò che riprendiamo da
terra.
Questo principio, in sostanza, è fondamentale, poiché solo
attraverso lo sviluppo di esso è possibile rendere applicabili i tre
principi successivi. Liberarsi della propria forza significa fare in
modo che essa non rappresenti un ostacolo tra noi e il nostro
avversario. Diventa fondamentale rendere la propria muscolatura
flessibile e rilassata, in modo tale da sviluppare un'energia tale da
essere paragonabile a quella di un'onda d'acqua. Tutto questo è
possibile svilupparlo attraverso lo studio e la pratica della prima
forma Siu Nim Tao, per iniziare.