lunedì 8 agosto 2022

È vero che le tecniche di difesa personale sono inutili se si viene attaccati con un coltello?

 



Chiariamo una cosa. Pratico arti marziali da una vita ormai.

Non provo alcuna vergogna a dire che, qualora venissi aggredito, probabilmente non sarei in grado di difendermi.

Ora. Pensiamo a quei corsi che propongono, in 10 lezioni (in cui, spesso non c'è nemmeno del confronto non collaborativo!) di insegnarti come difenderti.

Tu che magari sei una casalinga 55enne, che non ha mai praticato attività fisica, alta 1.55, cosa pensi di poter fare?

Sai cosa significa avere un avversario che pesa anche solo 10 chili più di te che ti carica come un bisonte? No? Beh,io si. Significa imparare a volare. Dalla finestra.

Pensa quando i chili in più diventano 20 o 30.

Brutto da dire, ma è così. Già solo se non sei in forma le tue possibilità di successo si abbassano (ricordo di aver visto un test in cui si proponeva di difendersi da un'ipotetico aggressore con dello spray al peperoncino. Chi tra i partecipanti era fuori forma aveva riflessi fino a 5 volte più lenti di quelli allenati).

Figurati se non hai esperienza di combattimento non collaborativo. Figurati se non hai prima lavorato sull'aspetto mentale del combattimento (una volta stavo per farmi coinvolgere in una rissa e già iniziavo a tremare. Per fortuna che sono riuscito a non farmi tirare in mezzo).

Questo se l'altro è ad armi pari.

Ora, mi vuoi dire cosa puoi fare in queste condizioni con uno che ha pure un coltello con cui può bucarti lo stomaco in meno di un secondo?

Se sei abbastanza allenato, le tecniche di difesa personale possono fare la differenza fra essere tagliato e essere ucciso. Intanto la prima cosa che ti dicono: se sei di fronte a un coltello, scappa; se vuole i soldi, daglieli. Anche queste sono tecniche di difesa. Il coltello non si inceppa e non si scarica, infatti è l'arma che fa più vittime al mondo. Se questo non è possibile, perché l'aggressore ti vuole ferire e tu sei chiuso, o perché sei intenzionato a difendere una persona aggredita che non è in grado di fuggire né di difendersi, sicuramente le tecniche di difesa personale tornano utili per avere più possibilità di non essere ammazzati.

Tra le tante cose che possono aiutare, alcune sono: sapere che è necessario ripararsi, facendosi scudo con l'avambraccio che non contiene organi vitali ed è duro da tagliare, meglio se protetto da un maglione o un giubbotto arrotolato; sapere che chi ha un coltello sicuramente attaccherà col coltello, dando un minor margine di imprevedibilità e facilitando la difesa; sapere che bisogna accettare nella migliore ipotesi di finire tagliati; cercare nei dintorni oggetti per proteggersi, come una sedia, o da lanciare all'aggressore, come una bottiglia, per distrarlo e aver modo di allontanarsi, o anche per contrattaccarlo efficacemente, come un bastone o un manico di scopa. Con un bastone in mano la situazione cambia radicalmente, perché il difensore può colpire prima l'attaccante. E ovviamente, se si ha la possibilità di farlo in sicurezza o in caso disperato, tentare di colpire l'aggressore in organi delicati o vitali (un calcio ai genitali, un colpo alla gola).

Difesa personale? Che è quella cosa? Ah, già. è quella roba che ti spacciano per 50 euro a lezione, dicendoti che loro sono cintura nera, calze gialle e mutande marroni. E che ti insegnano a difendersi dai brutti e cattivi. Beh, tutte balle. Non credere ai volantini del tipo: "difesa personale femminile", lezioni di sopravvivenza, corsi di Kung Fu, ving tsun e altre cavolate.

Comunque, ecco il caso dalla vita reale: io ed alcuni miei amici eravamo finiti dentro ennesima rissa. Botte, bastoni, catene… Le abbiamo suonate (come si dice), dopo pochi metri però uno dei nostri amici si era sentito male e si era accasciato. Stava perdendo il sangue. Solo dopo abbiamo capito che aveva preso una coltellata, ma lui non aveva sentito nulla. Nei momenti di tensione, quando il livello di adrenalina è alle stelle - i colpi veloci non si percepiscono nell'istante. Puoi essere veloce, agile e forte quanto vuoi, ma comunque avrai solo 5% di possibilità di evitare una coltellata.

Il metodo più sicuro in assoluto di evitare una coltellata è scappare alla velocità della "luce". Tanti pensano che basta dare il calcio in mezzo alle gambe dell'aggressore, ma se fallisci lo farai arrabbiare ancora di più, e quindi dovrai fare i conti anche con quello.

La miglior difesa in questo caso è la DISTANZA.




domenica 7 agosto 2022

Quale arte marziale o sport conviene praticare per potersi difendere in una vera situazione di pericolo?

 




Pratico wing chun, un ottimo kung fu, ma per rispondere in toto alla domanda, direi che ogni sport o arte marziale dove ci sia contatto pieno, e' utile per difendersi in situazioni rischiose.

Calcola pero' che io penso che il NON combattere sia sempre la soluzione migliore…troppe variabili, non sai MAI chi hai di fronte o cosa ha in tasca, o cosa nasconde sotto la giacca…

comunque, il wing chun se sei alle strette, lo ritengo utile, c'e' contatto e si fa sparring se e' insegnato bene.

Un lottatore di MMA e' anche peggio, perche' sia in piedi che per terra, sa combattere.

Un pugile, e' colui che forse sa dare meglio di tutti i pugni.

Un kickboxer puo' dare seri problemi a un bel po' di gente.

Un thaiboxer e' pericolosissimo perche' penso sia una delle migliori arti che ci siano.

Queste, escluso il wing chun, sono sport da combattimento, dove c'e' contatto pieno, non sono facili da imparare per la loro durezza, ma se hai la determinazione, allora ne puoi scegliere una, dove i maestri siano competenti e l'ambiente buono.

Poi ci sono le arti marziali tradizionali come il wing chun che pratico.

Nonostante siano anni che lo pratico mi considero un principiante, perche' se scegli un'arte marziale tradizionale, si deve mettere in conto che ci vuole piu' tempo per impararla, rispetto ad uno sport da combattimento come la kick o altri… (tanti anni fa facevo kickboxing), le arti marziali pero' ti preparano secondo me anche psicologicamente, e nel karate per dire, ti fai meno male per impararlo, rispetto alla kickboxing o altri sport da combattimento.

Gli sport da combattimento e' vero che ti fanno giungere ad un risultato in efficacia in minore tempo, ma non tutti hanno voglia di prendere un sacco di pugni e calci, per imparare a difendersi.

Non c'e' nulla di facile al mondo, ci vuole molta determinazione per fare kickboxing o thai boxe o MMA…di certo sono letali, ma anche il wing chun non e' uno scherzo…..

Per fare wing chun pero' bisogna trovare un maestro molto bravo, il quale ti spiegherà che spesso ci sono maestri che non lo insegnano proprio come si dovrebbe.



sabato 6 agosto 2022

L'arte marziale più adatta per il combattimento da strada

 



L'arte marziale più adatta a difendersi per strada è la Muay Thai, in quanto è l'unica arte marziale che nasce come sport da combattimento.

Tutte le altre arti marziali nascono per scopi filosofici e di benessere fisico. E poi si adattano al combattimento.

Sport come pugilato, kick boxing, mma non sono arti marziali nel senso tradizionale del termine poiché nascono direttamente come sport da combattimento, non ci sono filosofie di vita dietro. Ovviamente sono molto efficaci per difendersi in strada.

Infine ci sono gli stili militari come Krav Maga o Systema. Questi nascono con lo scopo di uccidere. Se vengono un po adattati sono l'ideale per il combattimento in strada ma le nostre leggi sulla difesa personale non gradiscono molto l'approccio di questi stili.


venerdì 5 agosto 2022

Un codice etico comune


Ormai è un bel po' che ci penso...in ogni scuola (Kwoon) va esposto un codice etico da rispettare. Un regolamento impone all'allievo delle norme minime, che sono più relative all'educazione che all'etica marziale. Io, invece, sto proprio pensando ad un vero e proprio codice etico per tutti i praticanti di Kung Fu.
Sto pensando a dichiarazioni di intenti di questo tipo...

Non è importante a quale associazione o federazione sei iscritto. L'importante è il lavoro duro su te stesso.

Chi, praticando
Wing Chun, suda solo d'estate, quando ci sono 35 gradi, non ha capito granché di quello che stiamo facendo. Quando la mente si concentra, il corpo si concentra. Non si può uscire dal Kwoon con la maglietta asciutta.

Chi rifugge lo
sparring non ha capito che il Wing Chun è anche un sistema di combattimento. I tesori di Siu Lam sono tre, conserviamoli tutti.

Chi non è mai andato a casa con i lividi, graffi o ferite di qualche genere non ha mai sperimentato le tecniche e quindi non sa cosa possa essere un combattimento realistico.

Amo chi si allena duramente per raggiungere un obiettivo.

Amo chi studia poche tecniche a lezione e poi passa il resto del tempo a sudare applicandole.

Amare il
Wing Chun non significa essere un fanatico ottuso! Non è l'arte mariale suprema, perché non ne esiste una.

Credo nei principi del
Wing Chun, perché nelle esperienze reali mi aiutano ad affrontare i problemi.

Aggiungiamone altri insieme...

giovedì 4 agosto 2022

Liberati della tua forza

Wing Tsun Kung Fu | SalernoWingTsun.com



"Liberati della tua forza" risulta essere una delle armi vincenti per affrontare il Chi Sao ("mani appiccicose", uno degli esercizi propri dello stile), ma non solo. Approfondiamo l'argomento.
Anzitutto, partiamo dalla considerazione che l'energia non è la forza. L'energia è un concetto interiore che si può esprimere esteriormente anche senza l'utilizzo della forza, anzi, spesso e volentieri è proprio l'assenza di forza a donare l'energia necessaria e sufficiente per affrontare un combattimento. Quando costruiamo un ponte (Kiu) tra noi e l'avversario, creiamo una pressione energetica. Quando la forza prende il sopravvento sulla pressione si dà uno stimolo all'avversario, che avrà maggiori possibilità di liberarsi di noi e della nostra forza. Ecco perché bisogna sempre togliere la forza durante il contatto, ma creare la giusta tensione tendinea e muscolare, che ci permetta di controllare e gestire sia il nostro equilibrio, sia le forze avversarie in entrata.
Ora, in molti si chiedono se il punto di contatto-pressione debba essere quello in cui si concentra l'energia. La risposta ovvia dovrebbe essere "assolutamente sì, in assenza di forza", ma risulterebbe di difficile comprensione. Ecco, allora, che dobbiamo analizzare la questione senza frasi fatte, per permettere la comprensione di questo principio di straordinaria importanza. Liberarsi della propria forza significa non dare stimoli all'avversario, creare il vuoto. Nel punto di contatto deve concentrarsi l'energia, cioè l'attenzione interna del praticante, non certo la forza. Contrapporre forza a forza equivale ad escludere la possibilità di azione da entrambe le parti. Allora, come si reagisce ad uno stimolo su un punto di contatto? Si elimina la forza, si crea un equilibrio di energia, si risponde con un attacco Yang o con un attacco Yin - avete letto bene, un attacco Yin! - e poi si ritorna in una posizione di equilibrio.
Liberarsi della forza non signifa essere debole o "svuotarsi" (quante volte l'avremo sentita questa parola?!) ad ogni attacco, come viene mal interpretato altrove, ma, più correttamente, impedire alla propria forza muscolare di bloccare la fluidità dell'energia, convogliandola in un solo punto. Ecco, questo mi sembra importante da sottolineare. Ciò significa che la forza va utilizzata nella giusta maniera ovvero attraverso linee di forza poste su angoli specifici, ma all'interno di un lavoro posturale, alla ricerca dell'equilibrio, della stabilità e dell'elasticità del movimento, altrimenti sarebbe inutile praticare la nostra stupenda arte marziale.
Credo che questo principio di cui parliamo sin dai primi giorni nella palestre sia importante per sottolineare il concetto di "fluire", di "fluidità", di "armonia". Ricordiamoci sempre che il nostro obiettivo è quello di diventare "acqua", la sostanza che scorre dolcemente o impetuosamente, con la sua carica esplosiva e devastante, sia nella sua componente, la goccia (che scava la roccia), sia nella sua interezza, che distrugge e travolge.
Non dobbiamo permettere che le nostre reazioni istintive e piene di forza ci facciano bloccare. È pur vero che dobbiamo usare i muscoli, ma in modo adeguato, verso delle direzioni e delle linee di forza ben precise, che ci rendano in grado di cambiare le stesse linee, mantenendo la pressione costante, evitando i buchi, tenendo vivi i ponti che abbiamo instaurato ed affondando quelli costruiti dall'avversario. Solo in questo modo possiamo fluire. Ecco perché utilizziamo in maniera preponderante la catena muscolare posteriore dei dorsali, dei tricipiti e degli stabilizzatori della spalla, con particolare attenzione a non utilizzare eccessivamente bicipiti, pettorali e spalle. Ora, però, è anche importante liberarci dalla teoria troppo "muscolare", perché rischia di essere controproducente per il praticante. Non vi fossilizzate mai su un muscolo o su un altro. Abbiate una visione olistica, totale, del corpo.
Approfondiamo un momento la questione legata alla forza, alla pressione e alla sensibilità. Partiamo dal presupposto che, secondo la mia esperienza, solo durante lo studio del Chi Sao si comprende, si affina e si percepisce realmente ed adeguatamente. Nel Chi Sao possiamo approfondire il significato di forza, pressione, stabilità e sensibilità, morbidezza e flessibilità.
Con il termine forza (Li) io intendo l'utilizzo della muscolatura, che permette di sviluppare l'esplosività verso l'avversario, appena si presenta l'occasione, ovvero la quantità di energia sprigionata con un colpo. Ovviamente la forza è allenabile oltre l'Arte in sé, anche mediante l'utilizzo di pesi, esercizi fisici e mirati alla crescita muscolare. Molti ritengono errato usare il termine "forza", perché pensano che la potenza dei colpi debba essere solo di natura tendinea. Io, invece, penso che la muscolatura debba essere usata nella giusta misura: la forza deve essere il risultato della tensione dinamica della muscolatura che viene liberata quando scompare l'ostacolo, oppure quando prendiamo un angolo favorevole. La tensione è indotta in parte da noi (la pressione), in parte dall'avversario, che con il suo attacco carica le nostre "molle". Solo col movimento del corpo si può formare un attacco completo e non solo di natura muscolare.
Con pressione, invece, intendo l'energia costante sviluppata verso l'avversario, che permette di rimanere in equilibrio e di sbilanciare chi abbiamo davanti. La pressione non utilizza movimenti muscolari di potenza, ma con il solo fluire dell'energia sprigionata dalla corretta postura e dal giusto utilizzo della colonna vertebrale - nonché dall'allungamento tendineo -, aiutandosi con il corretto uso degli angoli di attacco, permette di mantenere una costante energia, che crea un'aurea intorno al praticante, come se fosse immerso in una sfera. La pressione nasce spesso dal corretto utilizzo del gomito e dell'incastro dell'articolazione scapolo-omerale, ma non solo. Non complico ulteriormente il punto, altrimenti rischiamo di entrare in un campo minato.
Con sensibilità, infine, intendo la capacità di sviluppare una risposta fluida e flessibile agli impulsi emanati dall'avversario, senza mai lasciar da parte gli altri due concetti di forza e pressione. Probabilmente il concetto di sensibilità è quello più frainteso (o dibattuto, dipende dai punti di vista) dai praticanti di Wing Chun di tutti i lineage. Secondo me non deve esistere una sensibilità consapevole. La nostra azione non deve essere il risultato di un processo logico (input-elaborazione-output), ma il frutto di reazioni spontanee di una struttura muscolo-scheletrica abituata ad operare secondo certi principi. Per non appesantire troppo la questione, diciamo che la sensibilità non deve essere un "programma" (processo logico) che gira nel nostro computer (cervello), bensì il "sistema operativo" (struttura). Ad ogni modo credo che l'idea di sensibilità epidermica sia una conclusione cui si è arrivati per cercar di far capire il concetto ai giovani praticanti Wing Chun, ma che li abbia portati ad un erroe grossolano. In breve, ritengo che la sensibilità "a pelle" sia una sciocchezza: come conferma, vi chiedo di provare a fare Chi Sao con le braccia bagnate dal sudore. Lì scompare ogni capacità semplicemente tattile ed entrano in gioco solo le capacità del vostro sistema. Bisogna capire quello che avviene 'ascoltando' l'aumento o la diminuzione delle tensioni muscolari e, in base ai cambiamenti, avere la capacità di lavorare sugli angoli di attacco, modificando le articolazioni in maniera corretta. Dal duro - non rigido -, spesso, nasce il morbido - non debole -. Da qui, un principio che non tratto qui, ora.

Sicuramente l'uso del termine "liberati" presuppone l'esistenza di un vincolo, di un impedimento, di una costrizione. Forse questo vincolo è rappresentato dalla forza - se vogliamo "rozza", "rigida" e "statica" -, che impedisce il fluire dell'energia, consentendo all'avversario di "aggrapparsi" ad essa, trovando un valido appiglio nel combattimento. Probabilmente, il fatto di vivere in questo tipo di società implica anche tutta una serie di acquisizioni negative, come, per esempio, l'utilizzo della forza per la risoluzione delle contraddizioni. Liberarsi della propria forza è anche un passaggio filosofico che implica il dimenticare se stessi ovvero estraniarsi dall'azione in sé. Sicuramente avrete notato come i migliori Maestri utilizzino meno forza rispetto agli allievi, proprio perché sono arrivati a questa consapevolezza: solo la presenza di energia genera la reazione fluida e flessibile, mentre la forza, al contrario, genera staticità e discontinuità.
Per controllare l'attacco dell'avversario non dobbiamo opporre resistenza muscolare e di potenza, ma essere morbidi e sinuosi, come il serpente. Dobbiamo imparare a muoverci caso per caso, secondo la sensibilità che acquisiamo con l'allenamento, da una parte, e con la consapevolezza che la nostra forza è solo un impedimento.
La metafora dell'acqua è fondamentale per capire il concetto espresso. Una volta divenuti acqua, ogni piccola insenatura verrà riempita dalla nostra energia, non rimarrà spazio per il vuoto e, nel caso si incontri una buona struttura dell'avversario, si creerà un equilibrio stabile, ci ritroveremo a inondare i suoi difetti o ad essere ben incollati alla sua stabilità, cercando di toglierla. Non a caso "se la strada non è libera incollati al tuo avversario", recita un altro motto legato alla strategia del combattimento.
Liberarsi della propria forza significa anche far scomparire la contrazione muscolare dovuta al nervosismo, alla rabbia, allo stress della vita quotidiana. Ecco che un principio della forza può avere una lettura filosofica ed esistenziale, che ci aiuta ad abbandonare lo stato mentale di disequilbrio per proiettarci in uno stato di assorbimento, di ricezione e di percezione delle forze esterne, alle quali saremo in grado di rispondere. Un corpo rilassato segue una mente rilassata. Un corpo libero segue una mente libera.
L'energia che si crea nella stabilità non è rigida, perché il corpo non è mai fermo. Il movimento è la chiave per la stabilità, anche se è un movimento interno. Ma ricordiamo pure che non si può essere stabili nel movimento se non si trova e non si sa essere stabili nella fase statica. Questo è un punto dirimente rispetto ad altri lineage. Se non testiamo la nostra capacità da fermi, non potremo passare ad analizzarla in movimento. Non passando per questo step, rischiamo di creare movimenti senza stabilità, ricercando solo la velocità di spostamento - esterno -, non dando spazio alla ricerca della stabilità posturale - interno -.
Nel fare Chi Sao, per esempio, bisogna mantenere sempre l'equilibrio generale, dato dalla distribuzione del peso, dall'angolazione, dalla posizione degli arti, dalle pressioni, etc. L'equilibrio generale deve mantenersi per tutta la durata dei movimenti. Però, fateci caso, il Chi Sao viene utilizzato nel momento in cui l'allievo ha preso coscienza della stabilità, perché senza questa, non sarebbe possibile durare un secondo di fronte ad un'altra persona. Ecco perché ne facciamo il cardine dello studio dei primi anni di apprendimento!
Andiamo ad analizzare lo scaricamento a terra della forza.
Partiamo dal presupposto che un corpo scarica naturalmente la forza a terra, sia che si muova sia che stia fermo, perchè è la struttura del corpo che porta le forze a scaricarsi. Nel momento in cui si rivolge la propria forza all'avversario (ad esempio "assorbendo" con un braccio e colpendo con l'altro) si scarica forza a terra, perché il movimento rotatorio può avvenire solo se c'è una buona stabilità. Lo scaricare a terra ha proprio il senso del radicamento, di cui abbiamo già parlato. Il radicamento è la sensazione di essere in equilibrio che si prova quando si assorbe la forza avversaria o quando si crea stabilità in assenza di forze (visibili).
Nel momento in cui impariamo a scaricare a terra l'energia entrante, grazie all'utilizzo delle corrette angolazioni, al cambio di peso su una gamba o sull'altra, al sistema osseo, articolare e tendineo-muscolare, ecco che possiamo accedere agli esercizi in movimento dedicati al combattimento. Non sto qui a spiegare come ci si libera della propria forza attraverso l'uso delle componenti appena descritte, ma vorrei solo richiamare alla mente il fatto che ogni esercizio posturale serve proprio a questo, ad imparare a liberarsi delle tensioni muscolari e della propria forza in generale, donando a terra ciò che non occorre. Vedremo successivamente come donare al cielo ciò che riprendiamo da terra.
Questo principio, in sostanza, è fondamentale, poiché solo attraverso lo sviluppo di esso è possibile rendere applicabili i tre principi successivi. Liberarsi della propria forza significa fare in modo che essa non rappresenti un ostacolo tra noi e il nostro avversario. Diventa fondamentale rendere la propria muscolatura flessibile e rilassata, in modo tale da sviluppare un'energia tale da essere paragonabile a quella di un'onda d'acqua. Tutto questo è possibile svilupparlo attraverso lo studio e la pratica della prima forma Siu Nim Tao, per iniziare.

mercoledì 3 agosto 2022

Il pugno del Wing Chun e degli stili di Kung Fu affini è molto particolare.

Il pugno del sole del Wing Chun - Sam Lau Wing Chun


Il pugno del Wing Chun e degli stili di Kung Fu affini è molto particolare.
Prima di tutto facciamo un rapido riassunto sulle caratteristiche principali della tecnica in modo da poterci poi soffermare sull'angolazione del polso.
A differenza del pugno "classico" che troviamo comunemente nelle arti marziali, questo pugno mantiene il polso in posizione verticale e percorre la Linea Centrale (più precisamente la proiezione della LC), quindi parte dallo sterno e percorre una linea dritta fino a raggiungere il bersaglio, quando lo raggiunge il braccio è steso, il pugno è verticale, il gomito è verso il basso e il punto di impatto è sulle ultime tre nocche.
Questo è il pugno eseguito tecnicamente come da "forma" e il bersaglio è circa all'altezza della nostra spalla. Ma nella realtà il bersaglio non è sempre a quell'altezza e può cambiare continuamente, quindi l'angolazione del polso rimane invariata? No.
In base all'altezza del bersaglio, durante l'esecuzione del pugno, il polso ruota

Prendendo come riferimento la nostra spalla e colpendo sempre la linea centrale dell'avversario, se andremo verso l'alto il polso ruoterà portando il pollice verso l'esterno, il punto di impatto sarà prevalentemente sulle ultime due nocche. Se invece il nostro bersaglio sarà al di sotto della spalla, il polso ruoterà portando il pollice verso l'interno e il punto d'impatto sarà prevalentemente sulle due nocche centrali.
Quanto più è distante il bersaglio dalla spalla, tanto più ruota il polso.
La linea di forza varia in base all'altezza e all'angolazione.
Il pugno perfettamente centrale sfrutta sia la linea di forza della spalla/fianco e sia quella del torace. Quando il bersaglio è alto si tende ad abbandonare la linea di forza spalla/fianco e si sfrutta maggiormente quella del torace, viceversa quando il bersaglio è basso si tende ad abbandonare la linea di forza del torace e si sfrutta maggiormente quella della spalla/fianco spesso accennando una rotazione del busto.
In effetti diventa ovvio capire il motivo per il quale nel pugno "classico" mantenendo il polso in posizione orizzontale si è costretti a fare affidamento sulla linea di forza della spalla/fianco e si è obbligati a fruttare la rotazione del busto annullando totalmente il lavoro del torace.
Un'ultima nota: il polso inizia a ruotare poco prima dell'impatto e continua a farlo durante, imprimendo anche l'energia della rotazione sul punto di impatto.

martedì 2 agosto 2022

Quanto sono efficaci i movimenti di parata del Wing Chun contro un avversario che finta?


 
Come per ogni combattimento, cadere o meno per le finte dipende dal proprio livello di abilità.

Tuttavia, va notato che il raggio di combattimento ideale del Wing Chun è estremamente corto, fondamentalmente a distanza di contatto e con un adeguato allenamento della sensibilità è estremamente difficile che le finte funzionino.

Detto questo, i combattimenti non iniziano necessariamente a una distanza così ideale (come nella pratica del chi sau). Quindi a una distanza normale direi che il Wing Chun è suscettibile alle finte come qualsiasi arte marziale, ma una volta che un praticante ben addestrato si avvicina alla distanza di contatto (e rimane lì), è difficile che le finte funzionino.