La dinastia
Qing o Ch'ing (cinese: 清朝, Qīng
cháo, Ch'ing ch'ao), a volte nota anche
come
dinastia
Manciù (mancese: daicing
gurun), fu fondata dal clan Manciù degli Aisin Gioro,
nell'attuale Manciuria, espansasi poi nella Cina vera e
propria e nei territori circostanti dell'Asia interna,
costituendo così l'Impero del grande Qing (Cinese: 大清帝国,
dàqīngdìguó). Dichiarata in
seguito come dinastia
Jin Posteriore nel 1616,
cambiò il suo nome nel 1636 in "Qing" e
conquistò Pechino nel 1644, unificando la Cina durante i
quarant'anni successivi, governandola fino al 1912. La
denominazione "Jin" non è da confondersi con l'omonima
dinastia del periodo tra il 936 e il 946.
La dinastia Qing fu l'ultima dinastia
cinese e la sua caduta nel 1912 per mano della Rivoluzione
Xinhai guidata dal leader repubblicano di educazione
occidentale Sun Yat-sen, segnò la fine della storia imperiale
bimillenaria cinese e la nascita della Cina moderna.
Formazione dello Stato Manciù
La dinastia Qing non fu fondata
dall'etnia degli Han che formano la stragrande maggioranza
della popolazione. Il popolo semi-nomade dei Manciù si distinse per
la prima volta nell'attuale Cina nord-orientale. Traendo vantaggio
dall'instabilità politica e dalle ribellioni popolari che
sconvolgevano la dinastia Ming, le forze militari dei Manciù si
riversarono nel 1644 nella capitale dei Ming, Pechino,
e vi rimasero fino alla detronizzazione della dinastia Qing nel corso
della Rivoluzione Xinhai del 1911, quando l'ultimo
imperatore abdicò all'inizio del 1912.
Lo stato Manciù fu formato
da Nurhaci all'inizio del XVII secolo. Originariamente
vassallo dei Ming, egli si dichiarò imperatore della neonata recente
dinastia Jin (后金S,
Hòu JīnP) nel 1609. Nello stesso anno estese le risorse
economiche e umane - come anche la tecnologia - schiavizzando gli
abitanti cinesi della Manciuria. Nel 1625 Nurhaci costituì
la sua capitale a Shenyang (in mancese: Mukden), ma
l'anno successivo subì la sua prima grande sconfitta militare di
fronte al generale Ming Yuan Chonghuan. Nurhaci morì lo stesso
anno. Uno dei traguardi più importanti fu la creazione di otto unità
di bandiera responsabili dell'amministrazione civile e militare di
tutte le loro truppe e delle loro famiglie.
Il successore di Nurhaci, Huang
Taiji (Abahai) proseguì l'opera del padre incorporando le prime
unità cinesi nel suo esercito, e adottò inoltre diverse istituzioni
politiche Ming nel suo stato Manciù, ma fornì anche alla
dominazione Manciù tali istituzioni, attraverso un sistema di
quote[non chiaro]. Quando Lingdan Khan, l'ultimo gran Khan
dei Mongoli, morì nel 1634 sulla strada per il Tibet,
suo figlio Ejey si arrese ai Manciù e consegnò il grande sigillo
della dinastia Yuan a Huang Taiji. Nel 1636 Huang
Taiji rinominò lo stato "Qing" (puro), facendo intuire
l'ambizione di espanderlo oltre la Manciuria. In una serie di
campagne militari sottomise la Mongolia interna e
la Corea e assunse il controllo della regione del
fiume Amur (Heilongjiang).
Dopo anni di tumulti, la capitale
Ming, Pechino, venne saccheggiata da una coalizione di forze
ribelli capeggiate da Li Zicheng. La dinastia Ming finì
ufficialmente quando l'ultimo imperatore Ming si suicidò
impiccandosi su un albero di una collina che dominava la Città
proibita. Dopo aver preso Pechino nell'aprile del 1644, Li
Zicheng condusse un esercito di 60.000 uomini per confrontarsi con Wu
Sangui, il generale al comando della guarnigione Ming forte di
100.000 uomini a guardia di Shanhaiguan (山海关).
Questa città è un passaggio strategico situato nella parte
nord-orientale della grande muraglia cinese, circa 80 km a
nord-est di Pechino. Per anni le sue difese avevano tenuto i Manciù
fuori dalla Cina. Wu, preso tra due fuochi, decise di avvicinarsi ai
manciù e si alleò con il principe Dorgon, reggente
dell'imperatore Shunzhi allora di sei anni, figlio
dell'imperatore Huang Taiji deceduto l'anno precedente.
Insieme i due eserciti incontrarono le
forze ribelli di Li Zicheng nella battaglia del 27
maggio 1644. Anche se i ribelli furono messi in fuga, l'esercito
di Wu era così stremato dal quel combattimento che non ebbe altra
possibilità se non quella di unirsi alle forze manciù per
riprendere Pechino il 6 giugno 1644 e iniziare la conquista
dell'intera Cina. Ci vollero altri diciassette anni per combattere i
lealisti dei Ming, i loro pretendenti e i ribelli. L'ultimo
pretendente Ming, il principe Gui, fuggì in Birmania, ma fu
catturato da una spedizione dei Qing capeggiata da Wu Sangui e venne
giustiziato all'inizio del 1662.
I governatori manciù istituirono il
famoso "ordine del codino", che costrinse gli Han ad
adottare la capigliatura manciù (il "codino infame") e il
conseguente abbigliamento, che simboleggiava la loro fedeltà alla
dinastia. La severa regola decretava che tutti i maschi Han cinesi si
dovessero rasare i capelli sulla fronte a metà del capo e
raccogliere tutti i capelli rimasti in una lunga coda. Questo ordine
violava l'etica confuciana e la pratica cinese, che
stabiliva che non si dovevano tagliare i capelli. Comunque i Cinesi
non avevano scelta, qualcosa dovevano farsi tagliare: o i capelli o
la testa. Durante i 268 anni di governo manciù vi furono diverse
ribellioni proprio a causa di questa ordinanza.
Regno dell'imperatore Kangxi e consolidamento
L'imperatore Kangxi (r. 1662 - 1722)
salì al trono all'età di sette anni. Nei primi anni del suo regno
fu molto aiutato dalla nonna, la grande favoritaXiaozhuang. I
manciù si resero conto che difendere il loro impero, acquisito di
recente, non era un compito facile. La vastità del territorio cinese
significava che vi erano truppe di bandiera per proteggere le città
chiave, un reggimento che formava l'ossatura di una rete di difesa
che si reggeva soprattutto su soldati Ming arresisi alla nuova
dinastia regnante.
Proprio tre generali Ming che si
arresero, si distinsero per i loro contributi alla causa imperiale
Qing, ricevettero il titolo nobile di principi feudali (藩王)
e il titolo di governatori di vasti territori nella Cina meridionale.
Il loro capo era Wu Sangui (吴三桂),
che ricevette la provincia dello Yunnane il Guizhou, mentre
i generali Shang Kexi (尚可喜)
e Geng Zhongming (耿仲明)
rispettivamente il Guangdong e il Fujian.
Con il passare degli anni, i tre
signori feudali e i loro territori divennero inevitabilmente sempre
più autonomi. Infine, nel 1673, Shang Kexipresentò una
petizione all'imperatore Kangxi, manifestando il suo desiderio di
ritirarsi dalla sua città natale nella provincia di Liaodong (辽东)
e nominò suo figlio come successore. Il giovane imperatore garantì
il suo ritiro, ma negò l'eredità del suo feudo. Come reazione gli
altri due generali decisero di proporre due petizioni dello stesso
genere per mettere alla prova la capacità risolutiva di Kangxi,
pensando che non avrebbe corso il rischio di offenderli. Ma il
giovane imperatore riparò al loro bluff, accettando le loro
richieste, e ordinando che tutti e tre i loro feudi venissero
restituiti alla corona.
Messo di fronte alla perdita del suo
potere, Wu Sangui capì di non avere altra scelta se non di
scatenare una rivolta. Fu raggiunto da Geng Zhoming e dal
figlio di Shang Kexi, Shang Zhixin (尚之信).
La ribellione durò otto anni. Al culmine dei periodi favorevoli ai
ribelli, questi riuscirono ad estendere il loro controllo a nord,
fino al fiume Changjiang (长江).
Tuttavia il governo Qing riuscì a sedare la ribellione e riprese a
esercitare il suo controllo su tutta la Cina meridionale. Questa
ribellione sarebbe stata conosciuta nella storia cinese come
la Rivolta dei tre feudatari.
Le minacce, tuttavia, non erano tutte
intestine. L'imperatore Kangxi condusse la Cina
personalmente in una serie di campagne militari contro il Tibet,
la Zungaria e la Russia. Concertò il matrimonio di
sua figlia con il Khan Gordhun per evitare un'invasione. La
campagna militare di Gordhun contro i Qing fallì, rafforzando
ulteriormente l'impero. Anche Taiwan nel 1683 fu
conquistata dalle forze Qing dal figlio di Zheng Jing, Zheng
Ke-Shuang. Il nonno di Zhen Ke-Shuang, Koxinga, l'aveva
conquistata agli olandesi.
Dall'inizio della Dinastia Yuan,
alla fine del XVII secolo la Cina si trovava in un momento
di massimo splendore. Kangxi era riuscito a rafforzare il controllo
del governo Qing sulla Cina vera e propria. Trattò inoltre con molti
missionari Gesuiti che vennero in Cina con la speranza di
ottenere conversioni di massa. Sebbene avessero fallito nel loro
intento, Kangxi continuò a ospitare pacificamente i missionari
a Pechino.
Gli imperatori Yongzheng e Qianlong
Dopo la morte di Kangxi nell'inverno
del 1722, il suo quarto figlio Yinzhen gli successe
nel ruolo di imperatore Yongzheng (r. 1723 - 1735).
Fu un personaggio controverso a causa della sua possibile usurpazione
del trono, e negli ultimi anni di Kangxi fu coinvolto in dure lotte
politiche con i suoi fratelli. Yongzhen era un amministratore che
lavorava duramente e governava con il pugno di ferro. Il suo primo
passo verso un regime più duro, arrivò quando portò il
sistema di indagine statale degli standard originali. Nel 1724 scoprì
che dei funzionari manipolavano i tassi di cambio, allo scopo di
adattarli alle loro necessità finanziarie. Quelli che vennero colti
in flagrante furono immediatamente esautorati o, nei casi estremi,
giustiziati. Yongzheng ordinò anche la creazione di un centro di
comando generale (军机处)
che divenne di fatto il Consiglio dei ministri fino alla fine della
dinastia.
Yongzheng dimostrò grande fiducia
negli ufficiali Han e nominò molte delle sue guardie
personali in posizioni prestigiose. Nian Gengyao venne
nominato per condurre una campagna militare al posto del fratello
dell'imperatore Yinti nello Qinghai. Le azioni
arroganti di Nian, comunque, portarono alla sua caduta nel 1726.
Il regno di Yongzheng vide il consolidamento del potere
imperiale al suo apogeo nella storia cinese e diversi territori
vennero incorporati nel Nord-Ovest.
Yongzheng morì nel 1735. Gli
succedette il figlio Hongli con il nome
di Qianlong (r. 1735 - 1796). Era conosciuto
come un abile generale. Succedendo al trono all'età di 24 anni,
Qianlong condusse personalmente l'esercito nelle campagne vicino
allo Xinjiang e in Mongolia. Vennero successivamente
sedate rivolte e sommosse nel Sichuan e in parti della Cina
Meridionale. Durante i regni di Yongzheng e di suo
figlio Qianlong, il potere Qing raggiunse l'apogeo,
governando su più di 13 milioni di chilometri quadrati di
territorio.
Per circa quarant'anni, durante il
regno di Qianlong, il governo Qing vide il ritorno di una
grande corruzione. Il funzionario Heshen fu probabilmente
uno dei più corrotti nell'intera dinastia Qing. Alla fine fu
costretto a suicidarsi dal figlio di
Qianlong, Jiaqing (r. 1796 - 1820).
Ribellioni, tumulti e pressioni esterne
Opinione comune sulla Cina del XIX
secolo è che in quest'era il controllo dei Qing si indebolì,
diminuendo la prosperità dell'intera Cina. Infatti la nazione
soffriva di un enorme squilibrio sociale, di stagnazione economica, e
di un esplosivo tasso demografico che ridusse la disponibilità pro
capite di alimenti. Gli storici offrono varie spiegazioni a questi
avvenimenti, ma generalmente si è d'accordo che il potere dei Qing
era tormentato da problemi interni e da una pressione esterna che era
semplicemente eccessiva per il vetusto apparato statale cinese, per
la burocrazia e per il sistema produttivo.
La rivolta dei Taiping a metà
del XIX secolo è stata la prima grande espressione del sentimento
anti-manciù che minacciava la stabilità della dinastia Qing, un
fenomeno che sarebbe solo aumentato negli anni successivi. Comunque
il numero orribile delle vittime di questa ribellione - ben 30
milioni di persone potrebbero essere morte - e la completa
devastazione di un'ampia area nel sud del paese sono state in un
certo senso messe in secondo piano da un altro conflitto, sebbene non
sanguinoso: il mondo esterno, con le sue idee e le sue tecnologie,
ebbe un enorme impatto rivoluzionario su uno stato Qing traballante e
sempre più debole.
Uno dei fattori principali che
influirono negativamente sulla Cina del XIX secolo fu il problema di
come trattare con altri paesi. Nei secoli precedenti l'Europa e
la Cina erano state molto isolate - la corte cinese nutriva
pregiudizi nei confronti delle altre nazioni, che considerava barbare
e incivili, e perciò non aveva interesse a sviluppare relazioni
esterne. Gli stati europei, nel frattempo, non erano interessati a
commerciare con la Cina, poiché questa era, semplicemente, troppo
lontana. Il XIX secolo vide però una graduale espansione degli
imperi europei in tutto il mondo, dato che gli stati europei
sviluppavano economie più forti basate sul commercio marittimo.
Verso la fine del XVIII secolo colonie
europee si erano stabilite nella vicina India e
in Indonesia, mentre l'Impero russo aveva annesso aree
della Cina settentrionale. Durante le guerre
napoleoniche la Gran Bretagna tentò di forgiare
un'alleanza con la Cina, inviando una flotta ad Hong Kong con
doni per l'imperatore, inclusi esempi delle ultime tecnologie e arti
europee. Quando l'ambasciata britannica ricevette una lettera da
Pechino che spiegava che la Cina non era troppo impressionata dagli
sviluppi raggiunti dall'Europa, ma che il re Giorgio III era
benvenuto nel rendere omaggio alla corte cinese, il governo
britannico, offeso, rinunciò a qualsiasi tentativo successivo di
migliorare le relazioni con il regime dei Qing.
Nel 1793 il regime stabilì
ufficialmente che la Cina non aveva bisogno dei manufatti europei. In
seguito i principali mercanti cinesi accettarono in pagamento delle
loro merci soltanto lingotti d'argento. La grande domanda europea di
merci cinesi quali la seta, il tè e l'oppio poteva
essere soddisfatta solo quando le imprese commerciali europee
acconsentivano a pagare la Cina in argento.
Quando, nel 1815, finirono le
guerre napoleoniche, il commercio mondiale crebbe rapidamente e la
vasta popolazione cinese offrì mercati illimitati alle merci
europee. L'aumento di tale commercio, tuttavia, creò una crescente
ostilità tra i governi europei e il regime dei Qing.
Alla fine del 1830 i governi
di Gran Bretagna e Francia erano profondamente preoccupati
per il deflusso dei metalli preziosi, e pertanto cercarono formule
commerciali alternative con la Cina - la più estrema delle quali fu
di rendere la Cina dipendente dall'oppio. Quando il regime dei Qing
cercò di bandire il traffico dell'oppio nel 1838, la Gran
Bretagna dichiarò guerra alla Cina.
La prima guerra dell'oppio rivelò
lo stato di decadenza dell'esercito cinese che, sebbene superasse di
gran lunga quello britannico per numero, disponeva di una tecnologia
e di tattiche inadeguate per una guerra contro la potenza mondiale
dominante. La marina da guerra Qing, composta interamente
da giunche di legno, non poteva competere con le
imbarcazioni della Royal Navy. Nelle battaglie di terra i
soldati britannici, che impiegavano fucili moderni
e artiglieria, superavano le forze Qing per manovrabilità e
potenza di fuoco. I Qing si arresero nel 1842 e ciò
inferse alla Cina un colpo decisivo e umiliante. Il Trattato di
Nanchino, che prevedeva il pagamento di riparazioni per i danni di
guerra, permise agli Europei l'accesso senza restrizioni nei porti
cinesi e cedette l'isola di Hong Kong alla Gran Bretagna,
rivelando molte inadeguatezze nel governo Qing e provocando
ribellioni sparse contro il regime.
Le potenze occidentali, ampiamente
insoddisfatte del Trattato di Nanchino, diedero solo un appoggio
superficiale al governo Qing durante le ribellioni del Taiping e
dei Nian. La produzione della Cina precipitò durante le guerre,
mentre vaste aree agricole venivano distrutte, milioni di persone
perdevano la vita e numerosi eserciti dovevano essere levati e armati
per combattere i ribelli. Nel 1854 la Gran Bretagna tentò
di rinegoziare il Trattato di Nanchino inserendo clausole che
permettessero l'accesso commerciale ai fiumi cinesi e la creazione di
un'ambasciata britannica permanente a Pechino. Quest'ultima clausola
offese il regime dei Qing, che si rifiutò di firmare, provocando
così una nuova guerra contro la Gran Bretagna. La seconda
guerra dell'oppio terminò con un'altra cocente sconfitta
cinese, mentre i Trattati di Tientsin contenevano clausole
molto umilianti per i Cinesi, quali la richiesta che tutti i
documenti ufficiali cinesi venissero scritti in inglese e
la concessione alle navi da guerra britanniche di un accesso
incondizionato a tutti i fiumi navigabili cinesi.
Il governo dell'imperatrice favorita Cixi
Alla fine del XIX secolo emerse un
nuovo leader.
L'imperatrice Cixi, concubina dell'imperatore Xianfeng (r. 1850-1861),
madre dell'imperatore bambino Tongzhi e zia
dell'imperatore Guangxu, s'impadronì del governo Qing e fu di
fatto leader della Cina per 47 anni. Inscenò un colpo di
Stato per detronizzare la reggenza condotta da Sushunnominato
dall'ultimo imperatore. Era nota per la sua partecipazione dietro
le quinte (垂帘听政)
in politica.
Nel 1860 la dinastia Qing
aveva sedato le ribellioni con l'aiuto di una milizia organizzata
dalla nobiltà cinese. Vennero costituiti diversi eserciti
modernizzati, incluso il famosissimo esercito Beiyang. Comunque,
durante la prima guerra sino-giapponese le flotte del
"Pei-yang" furono distrutte (1894-95). La reazione a questa
disfatta fu di riconoscere la necessità di ulteriori riforme più
grandi ed estese. Dopo l'inizio del XX secolo la dinastia
Qing era in preda ad un dilemma. Poteva procedere con le riforme e
scontentare così la nobiltà conservatrice o poteva bloccare le
riforme scontentando i rivoluzionari. La dinastia Qing tentò di
seguire una via di mezzo, ma finì per alienarsi entrambe le parti.
Dopo 10 anni di reggenza nel regno
dell'imperatore Guangxu (r. 1875 - 1908), la
pressione occidentale era così forte che fu costretta a rinunciare
ad ogni sorta di potere. Nel 1898 Guangxu tentò la riforma
dei cento giorni (百日维新/戊戌变法),
nei quali vennero approvate nuove leggi e vennero aboliti alcuni
vecchi regolamenti. Mai come prima si diede così tanta fiducia a
pensatori progressisti riconosciuti in Kang Youwei, mentre
pensatori di matrice conservatrice riconosciuta in Li
Hongzhang vennero esautorati da posizioni elevate. Ma gli ideali
vennero repressi da Cixi, e Guangxu fu imprigionato nel suo palazzo.
Cixi si concentrò sull'accentramento del proprio potere. In
occasione del suo 60º compleanno spese più di 30 milioni di monete
d'argento per decorazioni e avvenimenti, risorse che inizialmente
dovevano essere impiegate per l'ammodernamento della flotta del
Pei-yang.
Nel 1901, in seguito
all'assassinio dell'ambasciatore tedesco, l'alleanza delle otto
nazioni (八国联军)
entrò per la seconda volta in Cina come forza militare unita. Cixi
reagì dichiarando guerra a tutte e otto le nazioni, ma finì solo
per perdere il controllo di Pechino per un breve periodo di tempo.
Insieme all'imperatore Guangxu fuggì a Xi'an. Come ricompensa
militare l'alleanza stilò un elenco che comprendeva una miriade di
richieste al governo Qing, incluso una lista di individui da colpire,
nella quale Cixi era al primo posto. Dopo che Li Hongzhang fu
mandato a parlamentare, l'Alleanza ritirò molte delle richieste.
Gli uomini manciù avevano l'abitudine
di raccogliere i capelli in un codino. Durante la dinastia Qing i
manciù resero questa pratica obbligatoria anche per la
popolazione Han e qualsiasi uomo che fosse stato trovato
sprovvisto di codino per strada veniva decapitato.
L'imperatore Kangxi ordinò che venisse
redatto il più grande dizionario di caratteri cinesi e sotto
l'imperatore Qianlong venne eseguita la compilazione dei lavori
importanti sulla cultura cinese. Migliaia di libri considerati
politicamente inaccettabili dai governatori manciù vennero distrutti
man mano che il catalogo veniva compilato.
Il 24 aprile 1909 venne
fondata la Biblioteca Capitale, che sarebbe poi diventata
la Biblioteca nazionale della Cina, la più grande
biblioteca asiatica e una delle più grandi al mondo, contenente
circa 23 milioni di volumi.
Il corpo amministrativo principale
della dinastia Qing era il Gran Consiglio composto dall'imperatore e
dagli alti dignitari. La dinastia era caratterizzata da un doppio
sistema di nomine con la quale ogni posizione nel governo centrale
aveva un manciù e uno han che lo assegnavano. Durante il regno
di Qianlong, per esempio, i membri della sua famiglia si
distinguevano per i paramenti con un grande emblema circolare sulla
schiena, mentre uno Han poteva solo sperare di indossare capi di
abbigliamento con un emblema quadrato. Questo significava
effettivamente che qualsiasi guardia di corte poteva distinguere i
membri della famiglia semplicemente guardando la schiena. Se si
eccettuano la Mongolia, il Tibet e lo Xinjiang,
la dinastia Qing adottò un blando sistema di controllo e
l'imperatore Qing agiva come i Khan mongoli, paladini del Buddhismo
tibetano e sostenitori dei Musulmani.
Come questo sistema debba essere
definito con precisione è ancora oggetto di controversie per via
delle sue attuali implicazioni politiche. I sostenitori del
nazionalismo cinese rimproverano al governo Qing di aver concesso a
queste regioni un eccessivo grado di autonomia all'interno di un
singolo stato nazionale, mentre i sostenitori dell'indipendenza
tibetana sostengono che la dinastia Qing fosse un'unione personale
tra parecchi stati nazionali.
Comunque, nel 1884 la
politica dei Qing cambiò, con l'istituzione della provincia
dello Xinjiang. In risposta all'azione militare britannica e
russa in Xinjiang e Tibet, i Qing inviarono unità del nuovo esercito
che sorprendentemente agirono con successo contro le unità
britanniche.
L'abdicazione dell'imperatore manciù,
che aveva unito l'impero, portò inevitabilmente a dispute sullo
status dei territori esterni dei Qing. Era e rimane la posizione dei
nazionalisti mongoli e tibetani, poiché giurarono fedeltà al
monarca Qing con una formula personale, per cui, con l'abdicazione
dei Qing, non erano legati da alcuna fedeltà allo stato cinese.
Questa posizione venne rifiutata dalla nuova repubblica cinese e in
seguito dalla repubblica popolare, che hanno reclamato che queste
terre rimanessero parte integrante della Cina. Le potenze occidentali
accettarono la seconda di queste teorie, soprattutto per evitare
attriti con la Cina.
Il sistema amministrativo della
dinastia Qing si è evoluto rispetto ai suoi predecessori, i Ming.
Nella sua forma più evoluta di stato, il governo Qing era
concentrato attorno all'imperatore come sovrano assoluto che
presiedeva su sei ministeri, ognuno di questi comandato da due
segretari di stato supremi (尚书|Shángshù)
coadiuvati da quattro assistenti segretari (侍郎|Shílāng).
A differenza del sistema Ming, comunque, la politica razziale
obbligava che le nomine dovessero essere divise tra i Cinesi
mandarini che avevano passato i livelli più alti degli esami
imperiali e i nobili manciù. I sei ministri e le loro
rispettive aree di competenza erano le seguenti:
Ministero delle nomine
civili (吏部|Lìbú)
- Presiedeva l'amministrazione del personale di tutti gli ufficiali
civili, inclusa la valutazione, la promozione e il licenziamento. Era
inoltre incaricato della 'lista d'onore'.
Ministero dell'economia (户部|Húbú)
- La traduzione letterale della parola cinese 'hú' (户)
è 'faccenda di casa'.Per la maggior parte del periodo storico
Qing la principale entrata del governo proveniva dalla tassazione
delle proprietà terriere a cui si aggiungevano gli importanti
monopoli ufficiali, quali il sale e il tè. Così la 'faccenda di
casa' di una dinastia Qing prevalentemente agraria, era la base della
finanza imperiale. Il dipartimento era incaricato della raccolta
delle decime e della gestione finanziaria del governo.
Ministero del cerimoniale (礼部|Lǐbú)
- Questo ministero era responsabile per tutte le materie del
protocollo di corte, che comprendeva, non solo l'adorazione periodica
degli antenati e tutti gli attributi divini dell'imperatore nella sua
figura di "figlio del Cielo" (Tianzi|天子)
per assicurare la gestione corretta dell'impero, ma anche per la cura
della buona ospitalità verso gli ambasciatori ospiti delle nazioni
tributarie. Il concetto cinese di cortesia (li|礼)
come venne insegnato da Confucio era considerato parte integrante
dell'educazione. Una persona istruita si diceva "conoscesse il
libro dei riti di cortesia" ("知书达礼").
Così le altre funzioni dei ministri erano quelle di supervisionare
l'ampio sistema di esami civili per guadagnarsi l'entrata nel
complesso burocratico. Poiché la democrazia era sconosciuta alla
Cina pre-repubblicana, il neo-confucianesimo vedeva negli esami
sostenuti dallo stato come un modo per legittimizzare un regime
permettendo che la sua intelligentsia partecipasse ad un
sistema non elettivo e altrimenti autocratico.
Ministero della guerra (兵部|Bìngbú)
- A differenza della dinastia precedente dei Ming che aveva
pieno controllo su ogni materia militare, il consiglio di
amministrazione militare dei Qing aveva a confronto molti meno
poteri. Per prima cosa, le unità di bandiera erano sotto il diretto
controllo dell'imperatore e dei principi ereditari di Manciuria e
Mongolia, lasciando ai ministri solamente l'autorità sui grandi
eserciti standard. Inoltre le funzioni dei ministeri erano puramente
amministrative - Campagne e movimenti di truppe erano monitorati e
diretti prima dall'imperatore tramite il consiglio di amministrazione
dei manciù e poi dal Centro di Comando generale (Junjichu|军机处).
Ministero della
giustizia (刑部|Xīngbú)
- Si occupava di tutte le materie legali compresa la supervisione dei
diversi tribunali legali e delle prigioni. L'apparato legale Qing era
relativamente debole se paragonato con i sistemi legali odierni
poiché non vi era alcuna separazione tra l'esecutivo e il
legislativo di ogni governo. Il sistema legale poteva essere
incoerente e a volte arbitrario poiché l'imperatore governava per
decreto e aveva potere decisionale su tutti i risultati giudiziari.
Gli imperatori potevano, e ogni tanto lo facevano, sovvertire giudizi
di corti inferiori. L'equità dei trattamenti era anche una tematica
nel sistema di apartheid praticato dal governo manciù sulla
maggioranza cinese Han. Per ovviare queste inadeguatezze e mantenere
la popolazione in riga, i Qing hanno mantenuto un codice penale molto
severo nei confronti dei popolosi Han, ma non più severo di altre
dinastie cinesi precedenti.
Ministero delle
infrastrutture (工部|Gongbu)
- Si occupava di tutti i progetti di costruzione governativi inclusi
i palazzi, i templi e anche la manutenzione delle vie idriche e dei
canali irrigui. Era anche incaricata di coniare monete.
Oltre ai sei ministeri il governo Qing
disponeva anche di un unico ufficio per gli affari feudatari (理藩院,
Lǐfànyuán). Quest'istituzione ha avuto origine allo scopo di
controllare l'operato degli alleati mongoli dei Qing. Quando l'impero
si è espanso ha assunto la responsabilità amministrativa di tutti i
gruppi etnici che vivevano all'interno e attorno all'impero inclusi i
primi contatti con la Russia - considerata una nazione tributaria.
L'ufficio aveva lo status di un ministero ed era gestito da dignitari
dello stesso rango. Comunque le nomine erano inizialmente ristrette
ai candidati di etnia mancese o mongola.
Anche se il ministero dei rituali e
l'ufficio degli affari feudatari condivisero i doveri di un ministero
degli esteri presto divennero uno solo. Questa divisione era causata
dalla tradizionale considerazione imperiale di credere la Cina come
centro del mondo, mentre tutti gli stranieri erano considerati come
barbari, estranei alla civiltà, non meritevoli di uno status
ugualitario a livello diplomatico. Il 1861 fu l'anno della
svolta, un anno dopo la sconfitta nella seconda guerra
dell'oppio contro la coalizione anglo-francese, perché il
governo Qing si piegasse alle pressioni straniere e creasse un degno
ufficio per gli affari esteri conosciuto per il nome preoccupante di
"Tribunale per la gestione degli affari di tutte le nazioni"
(Zǒnglǐgégūoshíwú Yāmēn|总理各国事务衙门),
altrimenti detto per abbreviazione "Zǒnglǐyāmēn"
(总理衙门). L'ufficio era
originariamente inteso come temporaneo ed equipaggiato con ufficiali
scelti dal centro di comando generale (Jūnjīchú |军机处)
su base part-time. Comunque, dato che i regolamenti d'affari con gli
stranieri divennero sempre più complicati e frequenti, l'ufficio
aumentò in dimensioni e importanza con l'aiuto della fonte di
guadagno delle imposte doganali che erano sotto la sua diretta
giurisdizione. Nonostante il sospetto della corte imperiale verso
tutto ciò che era straniero, l'ufficio divenne uno dei dipartimenti
più potenti all'interno dell'ultimo governo Qing.
Lo sviluppo del sistema militare Qing
può essere diviso in due lunghi periodi separati dalla rivolta
dei Taiping (1850 - 1864). Nella fase iniziale
l'esercito Qing era radicato nelle unità di bandiera manciù, create
per la prima volta da Nurhaci come metodo per organizzare la società
al di là di piccole affiliazioni di clan. C'erano in tutto otto
unità di bandiera, differenziate dai colori: Bianco, Giallo, giallo
bordato, blu e blu bordato, rosso, rosso bordato. Il giallo, il
giallo bordato e le bandiere bianche erano conosciute come le tre
bandiere superiori (上三旗),
sotto il comando diretto dell'imperatore. Solo i manciù che
appartenevano alle tre bandiere superiori potevano essere selezionati
come guardie del corpo personali dell'imperatore. Le altre bandiere
erano conosciute come le cinque bandiere inferiori (下五旗)
ed erano comandate dai principi manciù ereditari - discendenti della
famiglia immediata di Nurhaci - conosciuti informalmente
come principi della corazza di ferro (铁帽子王).
Insieme formavano il consiglio governativo della nazione manciù,
come pure il comando superiore dell'esercito.
Nel 1730 l'imperatore Yongzheng formò il centro
di comando generale (Junjichu) inizialmente per dirigere
quotidianamente le operazioni militari, ma
gradualmente Junjichu assunse altri compiti militari e
amministrativi e servì le autorità centrali per la corona. Comunque
i principi della corazza di ferro continuarono ad
esercitare un'influenza considerevole sugli affari politici e
militari del governo Qing fin nel regno di Qianlong.
Mentre il potere Qing si espandeva a
nord della grande muraglia negli ultimi anni della dinastia
Ming il sistema delle bandiere fu ampliato dal figlio
di Nurhaci e dal suo successore Huang Taiji, per
includere bandiere cinesi e mongole. Mentre conquistavano territori
precedentemente governati dalla dinastia Ming, gli eserciti
relativamente piccoli venivano assorbiti nell'esercito dello
Stendardo Verde (绿营兵)
che infine superò le truppe di bandiera di tre ad uno. L'esercito
dello stendardo verde, costituito da quelle truppe cinesi Han della
dinastia Ming che si erano arrese ai manciù durante la conquista,
venne così chiamato per il colore del loro stendardo di battaglia.
Venivano condotti da un gruppo misto di ufficiali dallo stendardo
verde e dalle otto bandiere. Le unità di bandiera e lo stendardo
verde erano eserciti regolari, pagati dal governo centrale. Inoltre i
governatori regionali per passare a quelli provinciali e via via fino
agli amministratori dei villaggi tenevano le loro milizie irregolari
locali per servizi di polizia e riparazione degli inconvenienti. A
queste milizie veniva garantito solitamente un piccolo stipendio
annuale dalle offerte regionali per obblighi di servizio part-time.
Ricevevano davvero pochi sostegni militari, quando questo capitava, e
non venivano considerate truppe combattenti.
Gli eserciti di bandiera erano divisi
per etnie, ossia tra mancesi e mongoli. Sebbene esistesse un terzo
ramo di uomini di bandiera cinesi, fatto da quelli che si erano uniti
ai manciù prima della loro conquista della Cina, gli uomini di
bandiera cinesi non vennero mai considerati dal governo Qing come
pari agli altri due rami in parte perché vi si erano aggregati in un
secondo tempo e anche per la loro schiatta Han. La natura del loro
servizio - principalmente in fanteria, artiglieria e tra i
vettovagliamenti - era considerato estraneo alle tradizioni nomadi
dei manciù che prediligevano la cavalleria come tecnica di
combattimento.
Dopo la conquista, i cinesi nelle
truppe delle unità di bandiera venivano velocemente spostati
nell'armata dello stendardo verde e gli uomini di bandiera cinesi
smisero di esistere del tutto dopo la riforma delle insegne voluta
dall'imperatore Yongzheng per ridurre le spese imperiali. L'origine
socio-militare del sistema delle insegne significò che la
popolazione all'interno di ogni gruppo e le loro sottodivisioni erano
ereditarie e rigide. Solo in circostanze speciali specificate da un
editto imperiale erano permessi spostamenti di soldati tra le varie
insegne. Al contrario l'armata dello stendardo verde fu fin
dall'inizio pensata come formata da professionisti volontari.
Comunque durante il lungo periodo di pace dal XVII secolo alla
metà del XIX, gli arruolamenti dalle comunità rurali
diminuirono, in parte per la posizione negativa del neoconfucianesimo
nei confronti della carriera militare. Al fine di mantenere le forze,
la armata dello stendardo verde iniziò far diventare ereditaria la
carriera militare.
Dopo la conquista, l'esercito delle
insegne manciù, forte di circa 200.000 uomini fu diviso: metà
divenne l'armata proibita delle otto insegne (禁旅八旗 Jìnlǚ
Bāqí), di stazione a Pechino; essa fungeva da guarnigione della
capitale e forza d'attacco principale del governo Qing. Il resto
delle truppe delle insegne fu distribuito a guardia delle città
chiave ed era conosciuta come armata territoriale delle otto insegne
(駐防八旗 Zhùfáng
Bāqí). I governanti manciù, ben consci del loro stato di
inferiorità, rinforzarono la politica di segregazione razziale
dividendo dai manciù e dai mongoli i cinesi Han per paura di essere
assimilati dalla cultura di questi ultimi, dato che vivevano insieme
e gli Han erano numericamente superiori. Questa politica fu applicata
direttamente alle guarnigioni delle insegne, che in molte città
occupavano una zona fortificata all'interno del centro abitato.
Essendo Pechino la sede imperiale, il reggente Dorgon fece spostare
tutta la popolazione cinese nei quartieri meridionali,
successivamente noti come "cittadella esterna"
(外城 wàichéng). La
parte fortificata a nord, detta "cittadella interna"
(內城 nèichéng), fu
suddivisa tra le altre otto insegne manciù, cosicché ognuna era
responsabile di una sezione della cittadella che circondava la Città
Proibita (紫禁城 Zǐjìnchéng).
La politica di dislocare le truppe
delle insegne in varie città non era un mezzo per proteggere ma
piuttosto un modo per incutere timore ai cinesi soggiogati. Come
risultato, dopo un secolo di pace e mancanza di allenamento sul
campo, le truppe dell'insegna manciù si erano molto indebolite.
Inoltre, prima della conquista, l'insegna manciù era un'armata di
cittadini e i suoi membri erano contadini e pastori manciù obbligati
a prestare servizio militare per lo stato in caso di guerra. La
decisione del governo Qing di far diventare le truppe delle insegne
una forza fatta di professionisti per cui ogni benefit e bisogno era
supplito dalle casse dello stato portò la ricchezza e con essa la
corruzione ai soldati semplici dell'insegna Manciù e affrettò il
decadimento dell'esercito. Questo accadde anche per lo stendardo
verde. In tempo di pace, il mestiere di soldato divenne solo un
lavoro da cui ricavare ricchezze. Soldati e comandanti trascuravano
allo stesso modo le esercitazioni, preoccupandosi solo dello
stipendio. La corruzione era dilagante, dato che i comandanti delle
unità regionali facevano la cresta al momento di richiedere risorse
al quartier generale. Quando scoppiò la rivolta dei Taiping a
metà del XIX secolo la corte dei Qing scoprì - in ritardo
- che né le truppe delle insegne né quelle dello stendardo verde,
riuscivano a sedare i rivoltosi e neanche a tenere a bada gli
invasori alle frontiere.
Transizione e modernizzazione
All'inizio della rivolta dei Taiping,
le forze dei Qing soffrirono una serie di sconfitte disastrose,
culminanti nella perdita della città capoluogo di
regione Nanchino (南京)
nel 1853. I ribelli massacrarono l'intera guarnigione manciù e le
loro famiglie presenti nella città e fecero di questa la loro
capitale. Poco dopo una pattuglia di spedizione Taiping penetrò a
nord fino alla periferia di Tientsin (天津),
in quello che era considerato il cuore dell'impero. In grande
allarme, la corte ordinò al mandarino cinese Zeng
Guofan (曾國藩) di
riorganizzare le milizie regionali e del villaggio (Tuányong 團勇
e Xiangyong 鄉勇) in
un esercito regolare per contenere la rivolta Taiping. La strategia
di Zeng era di appoggiarsi alle famiglie nobili locali per far
nascere un nuovo tipo di organizzazione militare dalle province
direttamente minacciate dai Taiping. Questa nuova forza venne
chiamata "Armata Xiang" (湘軍),
dal nome della regione in cui era stata creata. L'Armata Xiang era un
ibrido tra milizia locale e esercito regolare. I soldati avevano
ricevuto un addestramento professionale ma erano pagati con i fondi
regionali e i soldi che i loro comandanti - per lo più piccoli
nobili cinesi - potevano raccogliere. La Armata Xiang insieme alla
sua erede, la Armata Huai (淮軍),
creata dal collega e pupillo di Zeng, Li Hongzhang (李鸿章),
furono poi chiamate Yongying (勇營).
Poiché Zeng aveva iniziato la sua
carriera come mandarino e non aveva alcuna esperienza militare, basò
il piano per la formazione della Armata Xiang su quella del generale
della dinastia Ming Qi JiGuan (戚继光),
che a causa della debolezza delle truppe regolari Ming aveva deciso
di formare il suo "esercito privato" per combattere
i pirati giapponesi. L'idea di Qi si basava principalmente
sul concetto neoconfuciano di vincolare la lealtà delle truppe ai
loro superiori immediati e alla regione in cui erano cresciuti i
soldati, il che inizialmente diede alle truppe un certo spirito di
corpo. Quella di Qi era però solo una soluzione provvisoria per un
problema specifico - combattere i pirati - così come lo doveva
essere anche il piano di Zen con la Armata Xiang - sedare la rivolta
dei Taiping. In realtà il sistema Yongying divenne poi
un'istituzione permanente dell'organizzazione militare dei Qing che
nel lungo periodo portò diversi problemi.
Innanzitutto, il sistema Yongying segnò
la fine del dominio manciù nell'organizzazione militare imperiale.
Sebbene le armate delle insegne e dello stendardo verde continuassero
a depredare le risorse destinate all'intera amministrazione Qing, da
allora in poi i corpi Yongying divennero di fatto le truppe di prima
linea del governo imperiale. In secondo luogo il sistema Yongying era
finanziato con denaro delle province e guidato da comandanti
regionali e questo passaggio di potere dal centro alle regioni
indebolì il controllo del governo centrale sull'intera nazione.
Comunque nonostante questi aspetti negativi questa "devoluzione"
fu ritenuta necessaria dato che la priorità era recuperare il
gettito fiscale nelle province occupate dai ribelli. Alla fine la
natura della struttura del comando Yongying fece sì che i suoi
comandanti, una volta fatta carriera e arrivati ai ruoli burocratici,
gettarono il seme per la fine dei Qing e il definitivo scoppio degli
scontri tra signori della guerra locali.
Alla fine del XIX secolo la Cina stava
velocemente precipitando in uno stato semicoloniale. Anche gli
elementi più conservatori della corte Qing non poterono più
ignorare la debolezza dell'esercito cinese a confronto con i
"barbari" stranieri che premevano alle porte. Nel 1860,
durante la seconda guerra dell'oppio la capitale Pechino fu
conquistata e il vecchio palazzo d'Estate fu preso dalla
relativamente piccola coalizione anglo-francese (25.000 uomini).
Nonostante i cinesi avessero inventato la polvere da sparo all'epoca
della dinastia Song e usassero le armi da fuoco già da
allora, le armi costruite in Occidente con le tecnologie della
grande rivoluzione industriale come ad esempio la canna da
fucile con scanalature (1855), la mitragliatrice Maxim (1885),
e le navi da guerra a vapore (fine dell'Ottocento) avevano reso
l'esercito e la marina cinesi, per tradizione ben addestrati ed
equipaggiati, obsoleti. I tentativi di "occidentalizzare" e
modernizzare le truppe cinesi, per la maggior parte nell'esercito
Huai non ebbero grande successo, in parte per mancanza di denaro e in
parte per poca volontà da parte del governo Qing di fare queste
riforme.
La sconfitta nella prima guerra
sino-giapponese del 1894 - 1895 segnò lo spartiacque per la
politica del governo Qing. Il Giappone, una nazione a lungo
considerata dai cinesi come poco più di uno stato nato da una banda
di pirati, aveva battuto il suo vicino maggiore e così annullato
l'orgoglio dei Qing: la nuova flotta del mare del Nord. Così facendo
il Giappone divenne la prima nazione asiatica a raggiungere la
potenza coloniale dei paesi occidentali. La sconfitta fu così ancor
più scioccante se vista nel contesto in cui accadde, solo tre
decenni dopo il Rinnovamento Meiji adottata per emulare lo
sviluppo economico e tecnologico delle nazioni occidentali. Alla
fine, nel dicembre 1894 il governo Qing realizzò delle
riforme concrete nell'esercito e per riaddestrare unità speciali con
azioni tattiche e armamenti occidentali.
All'inizio del XX secolo iniziarono ad
esserci ribellioni di massa. Cixi e l'imperatore Guangxu morirono
entrambi nel 1908, lasciando l'autorità centrale in crisi e
senza effettivo controllo del paese. Pu Yi, il figlio maggiore
del principe Zaifeng, di soli due anni, fu nominato successore,
lasciando a Zaifeng la reggenza. Il Generale Yuan Shikai fu
allontanato.
A metà del 1911 Zaifeng creò
il "Gabinetto della famiglia imperiale", un organo di
consiglio del governo imperiale formato quasi interamente da membri
della famiglia manciù Aisin Gioro. Questa azione suscitò molte
critiche da parte dei funzionari anziani come Zhang Zhidong.
La Rivolta di Wuchang nel
1911 dette inizio alla Rivoluzione Xinhai che portò alla
proclamazione della Repubblica di Cina e alla fine del
Celeste Impero.
A Nanchino, con Sun
Yat-sen come presidente provvisorio, numerose province
iniziarono a separarsi dal controllo dei Qing. La situazione
disperata, il governo imperiale richiamò Yuan Shikai al
comando dello stato maggiore e della armata Beiyang, affinché
sconfiggesse i rivoluzionari. Dopo aver ricevuto carica di Primo
Ministro e aver creato il suo Gabinetto, Yuan osò chiedere la
rimozione di Zaifeng dalla reggenza e con l'appoggio della
imperatrice vedova Longyu la richiesta venne esaudita.
Senza Zaifeng, Yuan Shi-kai e i suoi
comandanti Beiyang riuscirono a dominare la politica dei Qing. Essi
ritenevano che la guerra fosse un'opzione irragionevole e costosa,
specialmente ora che il governo Qing puntava alla riforma nel senso
di una monarchia costituzionale. Similmente, il governo di Sun
Yat-sen voleva una repubblica costituzionale, con lo stesso obiettivo
di un miglioramento per la comunità e l'economia cinese. Con il
permesso dell'imperatrice vedova Longyu, Yuan iniziò a negoziare con
Sun Yat-sen. Gli accordi portarono alla abdicazione dell'imperatore
bambino Pu Yi (1912) e alla nomina di Yuan alla presidenza della
repubblica. Si concluse così la storia imperiale bimillenaria della
Cina.
Come conseguenza della rivoluzione
Xinhai si insediò una nuova Repubblica di Cina e l'ultimo
imperatore, Pu Yi abdicò. I 268 anni della dinastia Qing avevano
conosciuto gloriosi successi, umilianti sconfitte e profondi
cambiamenti in tutti gli aspetti della vita dei cinesi. La Cina di
oggi è stata plasmata da queste esperienze. Il consolidamento del
potere dei Qing fu accompagnato da un'espansione territoriale e i
confini della Cina moderna riflettono in gran parte i successi delle
campagne militari della dinastia.